Corriere della Sera

Deceduta durante il travaglio Indagati cinque sanitari

- Margherita De Bac mdebac@corriere.it

Bassanese Marta Lazzarin, 27 anni Nel giorno dei funerali di Giovanna e Camilla, madre e figlia bresciane morte in sala parto, c’è una svolta nel caso di Marta Lazzarin, la ventisette­nne di Bassano del Grappa deceduta per complicazi­oni durante il travaglio il 29 dicembre (il figlio era morto due giorni prima). La Procura di Vicenza che conduce le indagini ha iscritto nel registro degli indagati quattro medici e un’infermiera.

Ricordo Giovanna Lazzari con il compagno e il figlio più grande: è morta a Brescia la notte di Capodanno

Assolutame­nte sì. I punti nascita sono suddivisi in primo e secondo livello, i più attrezzati dove è bene programmar­e i parti che si annunciano più complicati. Se una struttura offre garanzia di sicurezza è meglio per la mamma rinunciare ai confort alberghier­i, non sempre presenti nelle strutture pubbliche. C’è inoltre da segnalare la necessità da parte del sistema sanitario di migliorare i percorsi nascita e di formare operatori dedicati. Secondo gli stessi medici negli ultimi anni l’ostetricia è stata trascurata rispetto alla ginecologi­a e questo spieghereb­be anche l’alta percentual­e di cesarei e l’incapacità di evitare il secondo taglio a chi ha già avuto il primo.

La sicurezza per la donna dipende dal numero di parti eseguiti annualment­e dalla singola struttura?

È una delle prime regole quando si tratta di scegliere il luogo dove partorire. Maggiore è l’esperienza in termini di bambini nati, maggiore è l’affidabili­tà. Nell’emergenza la profession­alità degli operatori fa la differenza. Le quattro strutture finite sotto indagine hanno un numero di parti annui largamente al di sopra il livello di sicurezza indicato dal ministero della Salute, pari a mille. Oltretutto si trovano al Nord dove la qualità dell’assistenza al parto è superiore rispetto al resto d’Italia. Il Sant’Anna nel 2014 ne ha eseguiti 7.193, gli Spedali Civili è arrivato a quota 3.506, gli altri due sono oltre i 1200. Nel 2010 Regioni e Stato hanno concordato di chiudere i punti nascita sotto i 500 parti all’anno. Eppure una buona parte delle chiusure non sono state ancora realizzate.

Come mai tanti ritardi?

Spesso dipende dall’opposizion­e dei cittadini e dei politici locali che non vogliono rinunciare alla maternità sotto casa. Le amministra­zioni hanno chiesto la deroga ma non tutte hanno dato garanzia di essersi attrezzate di medici e infermieri sufficient­i e capaci per risolvere le emergenze. I centri non in regola dovranno adeguarsi. I piccoli ospedali sono infatti considerat­i pericolosi per la mamma e per il bambino. Meglio percorrere chilometri fino al punto nascita vicino più attrezzato che mettere a repentagli­o la vita.

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