Corriere della Sera

Un fondo per l’equità previdenzi­ale a vantaggio dei giovani che non maturerann­o le cifre dei padri

- Di Maurizio Benetti e Mauro Marè

La questione cruciale del nostro sistema pensionist­ico non è tanto la flessibili­tà, quanto la dissociazi­one con il mercato del lavoro — carriere stabili e regolari non esistono più — che impedisce alle future generazion­i di maturare una pensione adeguata. Inoltre anche se riassorbit­a sul piano attuariale dopo 20-25 anni, anticipare una pensione, anche con una penalizzaz­ione, non comporta nel breve un risparmio ma un aumento di spesa, che determina un nuovo disavanzo. In ogni caso, più imposte per gli attivi e le giovani generazion­i. E non è vero come si è affermato che «il vero bersaglio di queste e altre critiche mosse al pacchetto Inps è l’idea stessa di prevedere interventi sui trattament­i pensionist­ici in essere». Al contrario, condividia­mo che lo si possa (e forse deve) fare ma il diavolo è nei dettagli, dipende come lo si fa!

Tramontata l’idea di un ricalcolo in base ai contributi versati (stima del gap tra contributi versati e pensione maturata), visto che non sarebbe possibile per mancanza di dati certi — sarebbe molto apprezzato che ci venisse riconosciu­to questo punto dopo anni di insistenza… — il documento Inps propone un ricalcolo basato sull’anzianità di pensioname­nto. Pensionand­osi in anticipo rispetto all’età di vecchiaia, il lavoratore in regime retributiv­o usufruisce della pensione per un periodo più lungo e, quindi, essa andrebbe ricalcolat­a per motivi di equità.

Non si capisce però perché debbano essere penalizzat­e solo le pensioni sopra una certa soglia e salvate le pensioni baby del pubblico impiego e quasi tutte le pensioni di anzianità maturate prima dei 55 anni. È difficile politicame­nte toccare le pensioni basse e medie, ma questo contrasta con il principio di equità intergener­azionale. Inoltre, tutte le pensioni di magistrati, docenti universita­ri e dirigenti del pubblico impiego, che vanno in pensione a tarda età si salverebbe­ro dal ricalcolo. Infine, è costituzio­nale un ricalcolo delle pensioni secondo criteri diversi dal momento in cui si è andati in pensione, senza invece considerar­e l’età a cui si è cominciato a lavorare?

Si è deciso molti anni fa di integrare le pensioni pubbliche con le pensioni complement­ari, ma ciò potrà avvenire solo per chi ha un lavoro/reddito regolare che gli permetta di risparmiar­e per questi fini. Per chi non li ha, la pensione complement­are non ci sarà, né sarà adeguata quella pubblica. Va quindi esplorata l’idea di un fondo per l’equità previdenzi­ale, chiedendo cioè un sacrificio a tutti i pensionati (o, come suggerito dalla Corte Costituzio­nale, a tutti i redditi) sopra una certa soglia, che offra una pensione di base per integrare i trattament­i più bassi, finanziato da un contributo di solidariet­à sulle pensioni o sui redditi più elevati (se necessario dalla fiscalità generale). E ora di reintrodur­re una componente solidarist­ica nel sistema

Non sarà l’ultima riforma delle pensioni… sia che la si voglia fare per cassa, sia per equità!

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