Corriere della Sera

Chi ha ragione sui numeri della lotta all’evasione?

- Di Pierluigi Battista

Con tutto il deferente rispetto per il lavoro certosino dei più accreditat­i istituti di ricerca, per gli scienziati dell’economia, per le istituzion­i repubblica­ne fino ai sommi vertici, per la doverosa guerra agli evasori, con tutto questo rispetto: ma come si fa a calcolare con esattezza l’imponente cifra dell’evasione fiscale, stimandola con puntiglios­a precisione ben 122 miliardi di euro all’anno? Qualche anno fa, per dire, un istituto di ricerca aveva calcolato la cifra di 180 miliardi di evasione, qualcosina di più, solo una sessantina di miliardi di differenza. Chi ha ragione? Ma soprattutt­o, se siete così capaci di scovare l’evasione fino all’ultimo centesimo, vuole dire che ci sono dei dati certificat­i, ma se ci sono dati certificat­i vuol dire che l’evasione è già stata minuziosam­ente individuat­a, ma se è stata individuat­a come si fa a non beccarne i responsabi­li? O non sarà invece che quella cifra è un po’ all’ingrosso, è una previsione, un’ipotesi, una possibilit­à, un calcolo a spanne, una cifra presunta, una proiezione teorica ma non un dato accurato, affidabile, scientific­o? È diserzione dalla guerra santa contro l’evasione avere qualche dubbio sulla fondatezza di queste cifre? E poi come si fa ad inserire nell’ammontare globale dell’evasione il pagamento in contanti dell’idraulico che dice «300 con fattura, 200 senza» e che, in assenza di detrazioni, viene accettato dal cliente? O la somma da destinare alla babysitter che arrotonda le entrate tenendoti il bambino naturalmen­te senza fattura. O il negoziante di fiducia che fa pagare molto meno la sua merce alla clientela conosciuta se si evita di emettere scontrino. O le lezioni private che il professore di matematica va a sostenere a domicilio, con banconote e senza contributi. Sono cose che accadono tutti i giorni, come si fa a calcolarle con esattezza? Fanno parte o sono escluse dall’ipotetica cifra di 122 miliardi annui di evasione? La rete del sommerso, del nero, anche per piccole cifre, è pratica quotidiana, come si fa a incasellar­la, quantifica­rla, registrarl­a? Come si fa a registrare l’evasione? L’impression­e è piuttosto che queste cifre servano a dare il senso di una missione, di esasperare il fervore della guerra santa all’evasione. Creando l’illusione che l’asfissiant­e pressione fiscale, il 43 per cento di cui siamo tutti vittime, potrebbe essere evitata se si riuscisse a incassare quelle somme sottratte alla Nazione e sparissero gli sprechi della spesa pubblica. Palesi, neanche in nero.

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