Il cecchino Maccarone «L’Empoli una certezza con l’Inter ci proviamo»
«Nerazzurri da scudetto, ma il Napoli ha un gran gioco»
La pelata luccica, gli occhi brillano e l’aria festaiola del nuovo anno c’entra sino a un certo punto. Massimo Maccarone è l’anima e la coscienza dell’Empoli, il capitano e il cecchino della squadra più sorprendente del campionato, un punto di riferimento per i compagni che regolarmente riunisce intorno a un tavolo per una cena di gruppo il giovedì sera. Il presidente Fabrizio Corsi lo considera quasi di famiglia; sua figlia Rebecca, responsabile marketing della società, una specie di fratellone maggiore. Ma è in campo che Big Mac dà il meglio: 200 gol tra i professionisti, 15 nella stagione della promozione, 10 nel primo anno in serie A, già 7 in questo, 4 nelle ultime due partite contro Carpi e Bologna.
Maccarone, chi l’avrebbe detto nel 2002, quando da Empoli è volato in Inghilterra, che sarebbe tornato e diventato un simbolo?
«Però segnali di un’intesa forte c’erano. Già allora avevo lasciato rapporti veri e deciso che alla fine della carriera sarei tornato a vivere qui».
Che c’è di magico a Empoli?
«È l’ambiente ideale perché ti concede la possibilità di sbagliare. A un giovane consiglio di venire da noi».
Zielinski e Paredes lo hanno fatto e ogni domenica sono tra i migliori in campo.
«Hanno grandi qualità e sarei sorpreso se nel giro di due o tre anni non giocassero in una delle prime dieci squadre d’Europa».
E Saponara è tornato. Perché al Milan non ha funzionato?
«Forse è arrivato nel momento sbagliato o nel Milan sbagliato. Riccardo è uno dei trequartisti più forti con cui ho giocato, ha gli stessi numeri di Pastore ma è più continuo. I più bravi però sono stati il mio amico Locatelli
e Morfeo. Talenti purissimi».
Il Milan l’ha fatta diventare grande.
«Sono arrivato a 13 anni e ho fatto la trafila delle giovanili. Quando ero in Primavera, con Tassotti, spesso Capello mi faceva allenare con la prima squadra. Fabio è uno dei rimpianti della mia vita: un vincente e a me gli allenatori vincenti piacciono. Ma ormai non mi tocca più…».
Anche Fatih Terim nell’estate 2001 la voleva in rossonero…
«Pensi che avevo già fatto le visite mediche, poi alle buste mi ha riscattato l’Empoli».
Come sarebbe stata la sua vita se fosse diventato il centravanti del Milan?
«Non ci penso e non ho rimpianti. Gli errori aiutano a crescere. Empoli è casa mia e la mia ultima squadra. Qui sto bene, mi diverto e finché avrò questo spirito e la voglia di allenarmi tutti i giorni andrò avanti. Senza limiti».
Obiettivi per la stagione?
«La salvezza e arrivare ancora in doppia cifra».
È un pezzo avanti…
«Ci siamo agevolati la vita. Ma non bisogna abbassare la guardia. Chi lo fa rischia di precipitare in un tunnel pericoloso».
Torniamo ai suoi errori. Il più grave?
«Quando al Middlesbrough sono finito in panchina, ho smesso di lottare. Ora non lo farei e ai giovani do sempre lo stesso consiglio: non mollare mai».
E smettendo di lottare avrà perso delle occasioni…
«La Nazionale, soprattutto. Come Verratti ho esordito senza aver giocato neppure un minuto in serie A: due presenze e un rigore conquistato…».
Un difetto del giovane Maccarone e un pregio del vecchio super Mac?
«Sino a 26-27 anni non ho mai curato il mio corpo, ora lo
faccio anche troppo».
Mercoledì la sfida con l’Inter. Per lei, che ha trascorsi milanisti, è quasi un derby?
«Il derby è con la Fiorentina, anche se al Milan sono rimasto molto legato. Con i nerazzurri sarà durissima. Ho una certezza e una speranza».
Quali?
«La certezza è che l’Empoli non tradirà se stesso e giocherà per vincere. La speranza è che loro soffrano la ripartenza dopo la sosta più di noi».
L’Inter è da scudetto?
«Me la immagino protagonista di un braccio di ferro con il Napoli, senza trascurare la Juve. L’Inter ha più individualità, forza e ricambi; il Napoli più gioco e organizzazione però la panchina è corta…».
Il centravanti migliore?
«Higuain, senza dubbio: è bravo di testa, protegge bene il pallone, fa salire la squadra e soprattutto segna. Poi Kalinic e mi domando perché sia esploso solo ora. Il terzo è Dybala: diventerà un fenomeno».
Una differenza tra Sarri e Giampaolo?
«Hanno gli stessi principi di gioco. Sarri ti martella di più, Giampaolo ti concede maggiore libertà e ha avuto l’intelligenza di non buttare via il buono che c’era».
Il Milan «Capello è uno dei rimpianti della mia vita: è un vincente, lo avrei voluto come tecnico» L’errore «Al Middlesbrough finii in panchina e smisi di lottare: non lo farei più, non bisogna mollare»