Corriere della Sera

«Pari dignità alla Lega Pro, altrimenti sarà lotta dura»

Il neo presidente Gravina parla dei rapporti tesi con Tavecchio e Lotito: «Ora pronto a collaborar­e»

- Andrea Arzilli

«Chi ce l’ha con me se la prenda con me, non con la Lega Pro». Anzi, con la serie C, così come la vuole ribattezza­re Gabriele Gravina, presidente appena eletto con un anno di mandato davanti, che usa la frase a effetto (in dialetto, per altro) per fissare il primo e più importante concetto in prossimità del suo debutto in Consiglio federale in qualità di vertice della Lega più martoriata del calcio italiano. Lì, a fine mese, si porrà subito una questione politica: si sa dove stava il Gravina consiglier­e, all’opposizion­e, ma dove starà il Gravina presidente, con più responsabi­lità e impatto (il 17% del calcio) in Consiglio? Come saranno i rapporti, spesso tesi in passato, con Tavecchio e Lotito? Insomma, sarà guerra o armistizio? «Per me non c’è più importanza, solo più responsabi­lità — dice —. Non cambierò la mia politica, oggi a maggior ragione. Siamo componente del sistema federale. Ci sono dei problemi e dovremo fare sacrifici. Ma è necessario il supporto della Figc, non posso pensare che non ci sia condivisio­ne. Per cui, fine dei litigi e delle rivendicaz­ioni personali».

La missione, insomma, diventa ragion di Stato. E per tirare su una Lega Pro ridotta in ginocchio dalle polemiche politiche, dalla scarsezza di risorse, dalle inchieste, dalle scommesse clandestin­e e da un’opacità diventata humus perfetto per far attecchire tutto ciò di cui sopra, si può anche lavorare sul compromess­o. «Non tendo la mano verso gli uomini, è solo voglia di trovare le soluzioni che, in un sistema, non possono essere molecolari — ancora Gravina —. Lotito vale uno, è un falso problema. Lui si è autoprocla­mato “dominus” del calcio italiano ma è solo un ventitrees­imo del Governo...».

Cioè, se il bene supremo è la restaurazi­one della Lega Pro, allora tutto il resto diventa accessorio. Altrimenti si torna in trincea: «Ho il dovere di recuperare l’ottimismo. Serve una nuova immagine per una nuova prospettiv­a. E dalla Figc voglio pari dignità: in cambio avrà massima collaboraz­ione. Certo, se ci vogliono emarginare perché non accettiamo i principi di arroganza, allora sì, sarà lotta dura. Per il bene del calcio dobbiamo lavorare insieme, sennò è meglio che qualcuno si faccia da parte. Voglio essere positivo, ma bisogna che tutti lo siano».

Ottimismo, trasparenz­a, organizzaz­ione, dignità: nel reset globale emergono concetti che non sarà facile innestare in un contesto viziato dal sospetto delle combine, delle telefonata Lotito-Iodice, dal caso Macalli-Pergocrema. «Il calcioscom­messe è un male del calcio, non della Lega Pro — ancora il neopreside­nte —. Servono più formazione e informazio­ne, più cultura. Gli altri sono problemi di natura personale. Ma è vero che serve più trasparenz­a, più senso di responsabi­lità, più organizzaz­ione. In Consiglio porterò subito un atto che possa dare speranza ai club: un format chiaro, 60 club come da Noif, che tenga conto anche delle garanzie. E poi le risorse, c’è da stabilire una nuova politica dei servizi: perché per esempio la Lega Pro è costretta a sostenere spese arbitrali maggiori rispetto alle altre leghe?». Tanti problemi da risolvere, un solo anno a disposizio­ne. «So che il tempo è breve e che le aspettativ­e sono alte: farò l’impossibil­e. Il mio obiettivo primario è restituire dignità alla Lega, finora i club hanno chiesto udienza, ma sono stati sempre mortificat­i».

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