Corriere della Sera

I «poveri» nababbi che guadagnano troppo per lavorare

- Di Cristiano Gatti

Niente toglie il sospetto che i veri inventori del mercato invernale siano i procurator­i. Limitati in passato dalla stagionali­tà del mestiere, come i bagnini e i maestri di sci, sono riusciti a superare brillantem­ente l’ostacolo con una seconda sessione, riuscendo nel capolavoro di guadagnare due volte. Messo in sicurezza il fatturato degli intermedia­ri, si registrano a seguire gli effetti collateral­i. Il più singolare resta quello del giocatore che nella prima fase segna con la maglia A alla squadra B, mentre due mesi dopo segna alla sua ex squadra A con la nuova maglia B. Ma uno dei fenomeni nuovi si segnala in questi ultimi anni di grande crisi economica: tra tanta gente comune che accetta di guadagnare 700 euro al mese per lavorare, emerge il dramma personale dei nababbi che guadagnano troppo per poter giocare. Guadagnano troppo per il venditore che non li vuole più, guadagnano troppo per il compratore che li vuole. L’affare si blocca ogni volta per lo stesso motivo: ingaggio improponib­ile. In passato sembrava collassata solo l’Inter di Moratti, che comprava tutti e non riusciva a rivendere nessuno per gli ingaggi cosmici distribuit­i a pioggia. Ma oggi come oggi il problema si è esteso a macchia d’olio. Il Milan con El Shaarawy, Cerci e Zapata, la Fiorentina con Giuseppe Rossi, il Siviglia con Immobile, l’Inter con Ranocchia. E così via. Tanti bei nomi che squadre come Bologna, Atalanta, Chievo prenderebb­ero a occhi chiusi, ma che costano individual­mente quanto il resto della rosa. E allora? Solitament­e, bisogna aspettare le ultime ore di trattativa: il disoccupat­o di stralusso, pur di giocare e magari salvare il posto in Nazionale, cambia aria accettando un pesante taglio dell’ingaggio, in parte versato persino dalla società venditrice. Nessuno è felice e contento, in definitiva, ma almeno qualche colpo riesce e il mercato di gennaio è salvo. Poca cosa, nell’insieme? Può essere. Ma non bisogna mai dimenticar­lo: chi fa un grande mercato a gennaio dimostra di aver sbagliato completame­nte quello d’agosto.

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