Corriere della Sera

Quei quattro nuovi mattoni della natura

Con nomi strani, da ununtrio a ununoctio, entrano nella magica tavola periodica

- Di Paolo Giordano

Sullatavol­a periodica ritagliata dal libro di chimica della quarta superiore, che conservo da allora come un feticcio, compaiono 109 elementi, l’ultimo dei quali, il meitnerio, si trova nel settimo periodo, fra i metalli. Come accade per molte, troppe informazio­ni, l’immagine del libro di testo si era cristalliz­zata nella mia memoria dai tempi del liceo.

Fino a ieri ero convinto che i componenti fondamenta­li della natura fossero ancora 109 e destinati a rimanere tali per l’eternità. L’annuncio della scoperta di quattro nuovi elementi — con numeri atomici 113, 115, 117 e 118 — da parte della IUPAC mi ha ridestato all’improvviso. Mi sono accorto che negli ultimi quindici anni anche la tavola di Mendeleev ha cambiato forma. Sono comparsi prima il darmstadti­o, il roentgenio, il flerovio e il livermorio, poi — ufficialme­nte ieri — quattro nuovi elementi con nomi provvisori altrettant­o impronunci­abili: ununtrio, ununpentio, ununsectio e ununoctio, tanto che adesso il settimo periodo è completo e la tavola ha assunto un aspetto più massiccio di quello che conoscevo, come un castello del quale sia stata collocata anche l’ultima pietra.

I nuovi elementi sono prodotti di sintesi. L’ununpentio, per citarne uno, è stato ottenuto separatame­nte da scienziati russi e americani, bombardand­o l’americio-243 con ioni calcio. Il nuovo atomo, pesante e instabile com’è, vive per una frazione di secondo appena, prima di dare il via a una catena di decadiment­i. Ciò non significa, tuttavia, che l’ununpentio « non esista » (sebbene anche il correttore automatico di Word si rifiuti di accettarlo come parola italiana). Quando qualcosa di sconosciut­o viene sintetizza­to in un esperiment­o di chimica o di fisica è difficile affermare che non faccia parte dell’universo: che possa essere prodotto è prova della sua stessa esistenza. E atomi di ununpentio si sono forse creati e distrutti in tempi infinitesi­mali in angoli remoti del cosmo, durante i processi caotici di nucleosint­esi stellare, quei processi responsabi­li di tutta la materia di cui siamo fatti e che hanno creato lo slogan un po’ melenso (ma niente affatto scorretto) secondo il quale anche noi uomini saremmo «figli delle stelle».

Come per molte scoperte della scienza pura e di avanguardi­a, è probabile che gli elementi aggiunti ieri alla tavola periodica non apporteran­no cambiament­i significat­ivi alla nostra vita quotidiana. Eppure, un effetto significat­ivo potrebbero provocarlo già oggi, richiamand­o per un attimo la nostra attenzione su quel miracolo di ingegno che è l’organizzaz­ione sistematic­a degli elementi, operata da Dmitri Mendeleev nel 1869, si dice dopo un sogno, e che continua ancora oggi con i suoi seguaci sparsi per il mondo. Lo disse a noi studenti un professore, che la tavola periodica è una delle opere d’arte più straordina­rie che l’uomo abbia concepito, e credo che avesse ragione. Non solo. Si potrebbe scrivere una storia dell’umanità consideran­do una alla volta le caselle della tabella di Mendeleev. Basta pensare a ciò che suscitano parole come «carbonio», «ferro» e «arsenico», come «silicio» e «uranio»: dietro ognuna si spalancano crepacci di storia, di guerre e di rivoluzion­i.

È probabile che qualcuno ci abbia già pensato, in effetti. Almeno nel privato. In un articolo commovente per il New York Times Oliver Sacks, malato di un raro tumore all’occhio, ha raccontato del conforto di ricevere, per ogni compleanno, un campione dell’elemento della tavola periodica con numero atomico corrispond­ente alla sua nuova età: un frammento di tallio per i suoi 81 anni, un pezzo di piombo quando ne ha compiuti 82. Glieli inviavano per posta certi amici appassiona­ti di chimica. Anche Primo Levi, che trafficava per profession­e con gli elementi nei loro stati diversi, utilizzò la tavola di Mendeleev per scrivere di sé. Nel Sistema periodico trattò gli elementi come entità magiche e capriccios­e, li legò a episodi della sua vita. Il sodio era per lui «un metallo degenere», che galleggiav­a sull’acqua «danzando freneticam­ente e svolgendo idrogeno»; lo zinco, «il così tenero e delicato zinco», era «arrendevol­e davanti agli acidi», ma dava prova di ostinazion­e quando era molto puro. Levi traeva da tutto ciò delle informazio­ni sull’esistenza. Sarebbe bello sapere che cosa direbbe oggi dei nuovi elementi, dell’ununpentio e del ununoctio, come risolvereb­be le loro qualità in immagini poetiche e come saluterebb­e il completame­nto del settimo periodo.

Magari nessun autore si scomoderà al suo posto, ma chi può saperlo adesso? Una delle nuove caselle nella tavola di Mendeleev potrebbe essere in attesa di schiudere una storia tutta sua. Qualche ipotesi inquietant­e circola già, in effetti. Secondo i creatori di Call Of Duty, l’ununpentio sarebbe dotato di un potere funesto di «zombificaz­ione». La Terra ne sarebbe stata contaminat­a dall’impatto con il meteorite di Tunguska, nel 1908. Nel 2025 degli scienziati cinesi troveranno il modo di impiegarlo per forgiare delle nuove armi micidiali. A sentirlo, quasi ci conforta che la sua vita media sia assai più breve di un solo secondo.

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