I manager britannici e i dubbi sull’euro
BRUXELLES In Europa da settimane economisti e analisti finanziari si interrogano sugli eventi legati all’Unione europea e all’eurozona che potranno mettere in difficoltà nel 2016 i mercati del Vecchio Continente. Il rischio di un’uscita della Grecia dall’euro, che avrebbe significato anche la fine del progetto della moneta unica, e che è stato scongiurato nel 2015, è stato al centro delle preoccupazioni dello scorso anno e anche per il 2016 c’è chi teme possibili scossoni ai mercati dalle trattative ancora in corso con il governo ellenico. Entro ieri sera era previsto l’invio alle istituzioni dei creditori internazionali (Commissione Ue, Bce e Fondo monetario internazionale) del progetto di riforma delle pensioni. E a metà mese è in calendario una missione dei rappresentanti di Commissione, Bce e Fmi, incluso l’European stability mechanism. Ma nei giorni scorsi il premier Alexis Tsipras ha anticipato di non essere disposto ad assecondare richieste «ingiuste e irragionevoli» e che è possibile raggiungere gli stessi risparmi sulla spesa pensionistica anche con soluzioni diverse. Nubi, dunque, all’orizzonte. Ma è la Brexit, ovvero la possibilità che la Gran Bretagna dica addio all’Unione europea (Londra non ha mai abbandonato la sterlina), una delle incognite più rilevanti nei prossimi mesi. L’atteggiamento dei massimi responsabili finanziari delle grandi imprese britanniche resta a favore di una permanenza nella Ue, ma le percentuali cambiano con il passare dei mesi. Da un sondaggio della multinazionale americana dei servizi professionali Deloitte risulta che nel secondo trimestre 2015 si era pronunciato a favore della Ue il 74% degli intervistati, nel quarto trimestre si è pronunciato nello stesso modo il 62%. Solo il 6% si è dichiarato a favore di una Brexit mentre il 28% ha dichiarato di spettare il risultato del negoziato avviato dal governo britannico con i partner europei. Il 32% è indeciso.