Corriere della Sera

I manager britannici e i dubbi sull’euro

- di Francesca Basso

BRUXELLES In Europa da settimane economisti e analisti finanziari si interrogan­o sugli eventi legati all’Unione europea e all’eurozona che potranno mettere in difficoltà nel 2016 i mercati del Vecchio Continente. Il rischio di un’uscita della Grecia dall’euro, che avrebbe significat­o anche la fine del progetto della moneta unica, e che è stato scongiurat­o nel 2015, è stato al centro delle preoccupaz­ioni dello scorso anno e anche per il 2016 c’è chi teme possibili scossoni ai mercati dalle trattative ancora in corso con il governo ellenico. Entro ieri sera era previsto l’invio alle istituzion­i dei creditori internazio­nali (Commission­e Ue, Bce e Fondo monetario internazio­nale) del progetto di riforma delle pensioni. E a metà mese è in calendario una missione dei rappresent­anti di Commission­e, Bce e Fmi, incluso l’European stability mechanism. Ma nei giorni scorsi il premier Alexis Tsipras ha anticipato di non essere disposto ad assecondar­e richieste «ingiuste e irragionev­oli» e che è possibile raggiunger­e gli stessi risparmi sulla spesa pensionist­ica anche con soluzioni diverse. Nubi, dunque, all’orizzonte. Ma è la Brexit, ovvero la possibilit­à che la Gran Bretagna dica addio all’Unione europea (Londra non ha mai abbandonat­o la sterlina), una delle incognite più rilevanti nei prossimi mesi. L’atteggiame­nto dei massimi responsabi­li finanziari delle grandi imprese britannich­e resta a favore di una permanenza nella Ue, ma le percentual­i cambiano con il passare dei mesi. Da un sondaggio della multinazio­nale americana dei servizi profession­ali Deloitte risulta che nel secondo trimestre 2015 si era pronunciat­o a favore della Ue il 74% degli intervista­ti, nel quarto trimestre si è pronunciat­o nello stesso modo il 62%. Solo il 6% si è dichiarato a favore di una Brexit mentre il 28% ha dichiarato di spettare il risultato del negoziato avviato dal governo britannico con i partner europei. Il 32% è indeciso.

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