«Siamo stati i primi ad accogliere, ma la pressione è troppo forte»
«È una giornata tristissima per la Svezia e per l’Unione Europea. Il ponte di Oresund è uno dei più grandi successi di integrazione. Vi passano ogni giorno circa 30 mila persone, di cui 15 mila pendolari. È una regione perfettamente integrata, molte persone sono scioccate da questa decisione. Che deve essere temporanea, nel rispetto delle regole di Schengen». Anna Maria Corazza Bildt, rappresentante del Ppe, italiana eletta in Svezia e moglie dell’ex primo ministro Carl Bildt, risponde al telefono da Stoccolma. «Gli svedesi restano un popolo accogliente — spiega —. Questa decisione è il risultato di una situazione di emergenza. I documenti vengono chiesti a tutti, inclusi gli svedesi. Non significa che i rifugiati non possano più richiedere asilo. Ma a novembre ogni settimana arrivavano circa 11 mila immigrati e molti senza documenti. Nel 2015 abbiamo accolto 163 mila rifugiati, di questi 33 mila sono bambini non accompagnati che richiedono più risorse. Il nostro sforzo è doppio, la gestione della contingenza e l’integrazione attraverso la scuole e il lavoro». E i numeri danno ragione a Stoccolma. Lo scorso anno la Svezia è stato il Paese dell’Unione Europea con la percentuale maggiore di richiedenti asilo in rapporto al numero di abitanti. «Noi siamo 9,7 milioni. È come se l’Italia avesse accolto in proporzione un milione di rifugiati». La situazione di emergenza è stata un crescendo. «Il governo in carica, che è una coalizione di sinistra e verde, ha le sue colpe. Già nel 2014 era evidente che la pressione sul nostro Paese era molto forte. Ha continuato con un approccio ideologico per fare ora questa virata». Ma soprattutto c’è un problema di rispetto delle regole che ha «irritato» gli svedesi: «Noi facciamo sempre la nostra parte, ma siamo diventati un Paese di prima accoglienza perché altri non hanno fatto la loro prendendo l’identità dei rifugiati. Il nostro è stato il primo Paese della Ue dove sono stati ricollocati dei richiedenti asilo provenienti dall’Italia. Ci sono invece altri Stati che si sottraggono ai doveri di solidarietà, si sono rifiutati di accogliere chi aveva bisogno. Non c’è l’Europa solo quando si tratta di decidere la distribuzione dei fondi Ue». Per Corazza Bildt «è necessario controllare le frontiere esterne e seguire la via del ricollocamento, perché è l’unica via legale che consente ai rifugiati nei campi di entrare in un Paese evitando la tragedia del viaggio».