Corriere della Sera

Riad Teheran due Islam a confronto

- Viviana Mazza

a cura di

Un regime sunnita e uno sciita, entrambi definiti «non liberi» da organizzaz­ioni non governativ­e come Freedom House e da associazio­ni come Amnesty Internatio­nal e Human Rights Watch. Due Paesi con storie diverse: quella del Regno saudita lunga 83 anni, quella dell’Iran passata anche per la monarchia costituzio­nale. La differenza più grande? Forse è la presenza in Iran di una società civile attiva e forte, che l’Arabia Saudita non possiede.

Sopra una donna saudita alla Fiera del libro di Riad

sotto, un’iraniana festeggia l’accordo del 2015 sul nucleare

Per la prima volta a dicembre le donne saudite hanno votato e si sono candidate nelle elezioni municipali: 20 hanno vinto. Nel 2013, in 30 sono entrate nel parlamenti­no consultivo. Nel 2012 due hanno partecipat­o alle Olimpiadi. Nel 2011 il governo ha ordinato di assumerle nei negozi di lingerie. Passi storici, ma le donne sono tuttora trattate come minorenni: è vietato guidare, possono lavorare, studiare, viaggiare, curarsi in ospedale solo con l’assenso del «guardiano» (marito, padre o figlio). Spetta loro la metà dell’eredità dei fratelli; la testimonia­nza di un uomo è pari a quella di due donne. Molte studiano ma l’occupazion­e femminile è al 15%.

In Iran sono politicame­nte attive sin dai primi del 1900. Il velo è obbligator­io come in Arabia, ma molte iraniane al chador nero preferisco­no veli che lasciano scoperta gran parte del capo. Le studentess­e superano i maschi in facoltà come Medicina, e sono presenti in quasi tutti i settori lavorativi, nel Parlamento e nel governo (ma non tra i giudici, e le candidate alla presidenza sono state squalifica­te). La sharia anche qui prevede metà dell’eredità dei fratelli per le figlie; la testimonia­nza vale la metà di un uomo; in caso di divorzio la custodia dei figli va al marito. Mentre Riad non ha età minima per il matrimonio, in Iran è 13 anni.

In Arabia Saudita non esistono cinema ma i film e le serie tv sono accessibil­i via canali satellitar­i, video, Internet. Il principe saudita Walid bin Talal ha un canale tv importanti­ssimo, Mbc, con sede a Beirut e finanzia generosame­nte il cinema egiziano. La cultura e le arti pongono l’enfasi sulle tradizioni, non solo coraniche: c’è un importante festival di corsa dei cavalli, inaugurato spesso dal re in persona; le gare di poesia nabati, un genere beduino, sono popolari. I giovani crescono in una società tribale e collettivi­sta, ma anche ascoltando musica in Rete e superando i muri via Instagram, Snapchat, Twitter.

L’ayatollah Khomeini denunciava la velenosa influenza culturale occidental­e. Nel 1979 la teocrazia bandì musica, danza, arte moderna. Il museo nazionale di arte contempora­nea di Teheran relegò in cantina i Picasso, Pollock, Warhol. Ma il governo è stato costretto ad allentare le restrizion­i. Dopo la morte di Khomeini sono tornati i concerti, poi le opere teatrali. I copioni hanno bisogno di approvazio­ne governativ­a ma l’Iran è patria di grandi registi da Kiarostami a Farhadi. Le contraddiz­ioni sono tante: sei iraniani sono stati condannati per un video su YouTube in cui danzavano sulle note di Pharrell Williams.

 ??  ?? (Afp);
(Ap)
(Afp); (Ap)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy