L’ANNIVERSARIO 1616-2016
Il 2016 è l’anno del 400esimo anniversario della morte di William Shakespeare: un’opportunità per ricordare uno dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi, ma anche e soprattutto per celebrare la straordinaria e incessante influenza di un uomo che, per dirla con le parole con cui lo stesso Shakespeare descriveva Giulio Cesare, «cavalca questo stretto mondo come un colosso».
L’eredità di Shakespeare non ha eguali: la sua opera è stata tradotta in oltre cento lingue e studiata dagli studenti di mezzo mondo. Come affermò il suo contemporaneo Ben Jonson, «Shakespeare non appartiene a un’epoca, ma a ogni tempo». Shakespeare vive oggi nella lingua inglese, nella cultura e nella società britanniche e nell’influenza che continua ad avere sulla nostra formazione.
Shakespeare è stato fondamentale nel plasmare la lingua inglese così come la conosciamo e nel renderla la lingua globale che è oggi. Il primo grande dizionario inglese, redatto da Samuel Johnson, si basava su Shakespeare più che su ogni altro autore. Tremila nuove parole ed espressioni hanno fatto la loro prima comparsa sulla carta stampata in un’opera di Shakespeare. Tra i miei ricordi d’infanzia c’è la lettura dell’Enrico V, in cui si trova la prima attestazione di tante di queste. Parole come dishearten («scoraggiare»), divest («spogliare addiction («dedizione»), motionless («immobile»), leapfrog («saltamontone o espressioni come once more unto the breach («ancora una volta sulla breccia»), band of brothers («banda di fratelli») e heart of gold («cuore d’oro»), sono entrate nella nostra lingua senza che oggi occorra citarne l’origine shakespeariana. Ma Shakespeare è stato anche un innovatore nelle forme e nelle strutture grammaticali: versi non in rima, superlativi, unione di parole esistenti per formarne di nuove, come bloodstained («macchiato di sangue»). Il primato conseguito dalle sue opere ha fortemente contribuito a standardizzare ortografia e grammatica.
L’influenza di Shakespeare, però, va molto al di là della lingua. Le sue parole, le sue trame e i suoi personaggi continuano a ispirare la nostra cultura e la nostra società in generale. Nelson Mandela, durante la prigionia a Robben Island, ebbe cara una citazione dal Giulio Cesare, che recita «I codardi muoiono molte volte prima della loro morte; i coraggiosi gustano la morte una volta sola». La poesia della giovane artista contemporanea Kate Tempest My Shakespeare cattura l’eternità della presenza del grande drammaturgo: Shakespeare «...è in ogni amante che sia mai stato da solo dietro un vetro... in ogni parola sussurrata di gelosia e in ogni fantasma che non ha pace». L’influenza di Shakespeare è ovunque, da Dickens e Goethe a Ciajkovskij, Verdi e Brahms, da West Side Story al titolo, ispirato all’Amleto, della commedia di Agatha Christie Trappola per topi, in scena ininterrottamente ogni sera nel West End di Londra da oltre sessant’anni. La messa in scena delle opere originali di Shakespeare, intanto, continua ad appassionare milioni di spettatori, dagli auditorium delle scuole di tutto il mondo alle centinaia di persone che lo scorso anno hanno trascorso tutta la notte in coda per conquistare un biglietto dell’ultim’ora per l’Amleto interpretato da Benedict Cumberbatch al Barbican. Ma forse una delle eredità più affascinanti di Shakespeare è il suo potenziale didattico. Studiare e recitare Shakespeare può migliorare l’alfabetizzazione, la sicurezza di sé e, in generale, i risultati nello studio, come dimostrano l’opera di sensibilizzazione portata avanti dalla Royal Shakespeare Company e dallo Shakespeare’s Globe e l’attività di enti benefici innovativi come lo Shakespeare Schools Festival britannico.