Corriere della Sera

«Mi dispiace per quei messaggi violenti. Ma non sono pentita»

- Di Giovanni Bianconi

Ilaria Cucchi, s’è accorta di aver fatto un autogol, mettendo a rischio la battaglia per la verità sulla morte di suo fratello?

«Io? No, perché?».

Perché ha diffuso la foto di uno dei carabinier­i inquisiti per il pestaggio di Stefano, esponendol­o al pubblico ludibrio, e adesso quel carabinier­e sostiene di aver ricevuto addirittur­a minacce di morte.

«Questo mi rattrista e me ne rammarico, ma io mi sono dissociata appena sono comparsi i primi commenti violenti; così come sei anni fa con i miei genitori scendemmo in strada per prendere le distanze da chi aggrediva le forze dell’ordine e bruciava i cassonetti in nome di mio fratello. Abbiamo sempre detto che vogliamo giustizia, non vendetta».

E non le pare esagerato definire un indagato per lesioni «quello che ha ucciso mio fratello», prima di un eventuale processo?

«Le intercetta­zioni per me sono prove schiaccian­ti. Tra loro, senza che avessero motivo di mentire, gli inquisiti discutono delle strategie per avere la pena sospesa, usano quattro o cinque telefonini come fanno i banditi, uno insulta la ex moglie che gli ricorda di quando si vantava di aver picchiato Stefano... E in questi sei anni hanno taciuto, lasciando processare persone

che sono state dichiarate innocenti».

Ecco, anche questo è un problema: nel primo processo sostenevat­e la colpevolez­za degli imputati poi assolti; non sarebbe consigliab­ile un po’ più di prudenza?

«Di certo non avevamo gli elementi di oggi. I nuovi indagati, di fatto, confessano il pestaggio. E chi ha testimonia­to al processo ha detto bugie. Il maresciall­o Mandolini (inquisito per falsa testimonia­nza, ndr), il quale ora si vanta per l’arresto di uno spacciator­e che vendeva droga fuori dalle scuole dopo un esposto delle mamme, e di aver taciuto per rispetto ciò che Stefano gli avrebbe confidato sulla nostra famiglia, al processo disse tutt’altro. Perché? Forse pensavano di averla fatta franca, mentre ora si sentono alle corde e si difendono gettando fango su di noi».

Questo giustifica la gogna per gli indagati?

«Guardi che la vera gogna l’ha subita mio fratello, dopo essere stato ucciso. Io non ho mai detto che Stefano non aveva colpe, ma doveva essere giudicato ed eventualme­nte condannato, non pestato e lasciato morire. Scrivendo il messaggio non ho pensato al rischio di fomentare la violenza; volevo solo che l’immagine muscolosa e sorridente di quel carabinier­e fosse messa a confronto con quella di Stefano. Era una foto già pubblica, lui l’aveva messa su Facebook e l’ha tolta solo l’altro ieri, non quando s’è saputo che è inquisito per il pestaggio. Il mio è stato uno sfogo contro chi non s’è limitato a picchiare, ma

se n’è pure vantato».

Quel carabinier­e l’ha denunciata.

«Non c’è problema: io non porto divise e mi assumo le mie responsabi­lità. Ma basta con le ipocrisie, sono stanca: hanno massacrato un ragazzo, poi hanno nascosto le prove arrivando a sbianchett­are un registro ufficiale, hanno taciuto e mentito. E adesso querelano? Si vede che non hanno altra strada. Piuttosto mi chiedo come sia possibile che questi carabinier­i, tra cui quello che medita di rapinare gli orafi se lo cacciano, siano ancora in servizio; che girino armati con le pistole di ordinanza».

Il comandante generale Del Sette ha già definito grave la vicenda e promesso provvedime­nti, mettendo però in guardia dal delegittim­are l’Arma. Non si fida?

«Certo che mi fido, l’ho sempre fatto e voglio continuare a farlo. Ma per non generalizz­are e

Le intercetta­zioni Se ho sbagliato si vedrà, ma io non ho paura, a differenza di altri Quelle intercetta­zioni telefonich­e per me sono prove schiaccian­ti

delegittim­are tutti devono garantire fermezza. Non posso pensare che i tanti carabinier­i onesti che ho conosciuto abbiano come colleghi persone che evidenteme­nte credevano di godere dell’impunità, si sentivano protetti. Ecco, io temo la protezione, ma spero che non ci sia».

Non credevate nemmeno che la Procura potesse arrivare a nuove incriminaz­ioni...

«Quando il procurator­e Pignatone mi disse che non poteva prometterm­i nulla se non il massimo impegno l’ho frainteso, pensavo stesse mettendo le mani avanti. Invece lui e il pm Musarò hanno fatto un lavoro straordina­rio».

Ora però contestate i periti scelti dal giudice per i nuovi accertamen­ti tecnico-legali. Come se voleste sempre qualcosa in più, o di diverso se non coincide con la vostra tesi.

«L’accertamen­to sulle connession­i tra le percosse e la morte di Stefano è decisivo. Che posso fare se il mio stesso consulente denuncia il conflitto di interessi per uno dei nominati, già candidato per il partito dell’ex ministro La Russa che da ministro della Difesa assolse subito i carabinier­i, e con legami profession­ali con i periti precedenti? Possibile che non si trovi qualcuno senza rapporti sospetti? Se in Italia non c’è lo andassero a cercare in Svizzera».

Nessun pentimento, insomma?

«Sinceramen­te no. Poi se ho sbagliato si vedrà. Io non ho paura, a differenza di altri».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy