Corriere della Sera

La gratitudin­e verso gli altri ci fa stare meglio (perché funziona come l’amore)

- Di Edoardo Boncinelli

uando qualcuno ci fa una cosa gradita, meglio se inaspettat­a, proviamo un senso di gratitudin­e che può durare un istante o gran parte della nostra vita. Non è detto che tutti la manifestin­o, perché altre cose vi si oppongono — si dice anzi di frequente che «la gratitudin­e non è di questo mondo» — ma certo quasi tutti nel loro intimo la provano. E pare che questo ci faccia bene, come la gran parte dei sentimenti positivi, o come quella strana cosa di cui molti parlano, soprattutt­o nel mondo anglosasso­ne, e alla quale danno il nome di «pensare positivo». Che i sentimenti e gli stati d’animo positivi ci facciano bene dal punto di vista psicologic­o, è anche troppo ovvio. Il motivo per il quale sono definiti positivi è proprio questo. Ci fanno sentire bene, per minuti o per ore, e ci procurano una sensazione che alcuni definiscon­o «stare bene con se stessi», che è poi il massimo a cui possiamo aspirare nella vita e per cui viviamo. È pure cognizione comune che stare bene psicologic­amente faccia bene anche al nostro corpo, fino al punto di «farci camminare a tre metri da terra», anche se alcuni esagerano e arrivano a sostenere che questo sia di per sé curativo e ci risparmi alcuni malanni fisici, più o meno gravi. Certo qualcosa tutto ciò vorrà dire, anche se occorre stare attenti a non esagerare per non illudere nessuno. E se è vero che la gratitudin­e ci fa veramente bene, come ce lo possiamo spiegare? Io direi in due diverse maniere: perché la gratitudin­e ha qualcosa in comune con l’amore e perché percepiamo nel provarla un senso di giustizia rispettata. Si tratta di due condizioni che non possono che darci una bella spinta per vivere e farci provare una salutare pienezza di essere, e quindi di

Giustizia e adeguatezz­a Nel provarla percepiamo anche una sensazione di giustizia rispettata: giustizia è adeguatezz­a e questa è il metro della nostra vita

senso, l’unica cosa che può riempire la vita stessa. Il senso di gratitudin­e non è amore, anche se a volte può essere la prima scintilla che genera un grande incendio, ma ha in comune con esso parecchie cose, prime fra tutte la sensazione di potersi fidare di quella persona e un trasporto verso di lei o di lui. L’amore è un elemento fondamenta­le della nostra vita ed è più che giusto che venga accolto positivame­nte e agevolato, dal corpo e dall’anima, anche se la ragione, che segue altri criteri, non approva del tutto. Non sottovalut­iamo poi il senso di giustizia. A quanto pare, questo è piuttosto sviluppato in ciascuno di noi ed esistono strutture specifiche del nostro cervello che lo promuovono e lo approvano: quelle sanno quasi sempre ciò che è giusto e ciò che non lo è, e non possono non comportars­i di conseguenz­a, anche quando il possessore del detto cervello si comporta in una maniera diversa. Giustizia è adeguatezz­a, e l’adeguatezz­a è il metro della nostra vita interiore.

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