Corriere della Sera

ORA IL PREMIER ACCELERA PER «TUTELARE» LE ALTRE RIFORME

- di Massimo Franco

Acolpire non è tanto il contenuto della legge sulle unioni civili, ma la fretta con la quale il governo vuole votarla a fine gennaio, dopo due anni e mezzo di temporeggi­amento. Come se di colpo il problema avesse scalato la lista delle priorità da affrontare; e fatto passare in secondo piano altre misure, nonostante un’economia tuttora in bilico tra ripresa e crisi. E impression­a altrettant­o la rapidità con la quale le opposizion­i si spaccano tra «moderni» e «retrivi», individuan­do in quel tema un’occasione per lucidare identità appannate. Si fa fatica a scansare il sospetto che qualcuno punti in primo luogo alla rendita politica di questo scontro.

Anche se i distinguo dentro la maggioranz­a di governo, e l’idea di Palazzo Chigi di trovare una sponda parlamenta­re con il Movimento 5 stelle, possono aprire dinamiche imprevedib­ili. Per questo si parla di voti in arrivo anche da Forza Italia, divisa sulle unioni civili quanto e più del Pd. Per Matteo Renzi significhe­rebbe far passare la legge senza rimanere prigionier­o di Beppe Grillo per la seconda volta dopo l’elezione dei giudici della Corte costituzio­nale. Il problema è che tutto si svolgerà al Senato. E l’incubo delle imboscate, per una coalizione governativ­a che sembra sempre sul punto di non avere abbastanza consensi, rifà capolino.

L’esperienza del passato recente porta a dire che il premier può stare sicuro: alla fine, la paura delle elezioni anticipate e la pochezza degli avversari, soprattutt­o della minoranza del Pd, gli ha permesso di superare gli ostacoli. Nel caso delle unioni civili, lo sfondo cambia in teoria, perché si tratta di un argomento ammantato dalla «libertà di coscienza». Ma l’atteggiame­nto di molti cattolici eletti nel Pd lascia capire che il tema è già, politicame­nte, superato: almeno nel suo partito. Si avverte qualche resistenza in più nel Nuovo centrodest­ra e in alcuni settori di FI. La vera incognita, però, non sembrano le remore sul contenuto.

Anche perché non è ancora chiaro se alla fine il voto avverrà sul testo della deputata dem, Monica Cirinnà, o si andrà a una mediazione. Dietro gli inviti a fare presto si avvertono il timore di nuovi rinvii e di contraccol­pi sul «sì» definitivo alla riforma del Senato, a febbraio; e una certa confusione di idee. Tra l’altro, la perentorie­tà con la quale Renzi invoca l’approvazio­ne non svela i punti considerat­i irrinuncia­bili dall’Esecutivo. Si intuisce solo che il tema rientra nella narrativa decisionis­ta di Palazzo Chigi. Nel 2016 il premier deve bilanciare l’attenzione su problemi come quello, spinoso, delle quattro banche salvate; e di un’Europa più ostile all’Italia.

È significat­iva la cautela che finora le gerarchie cattoliche hanno mostrato sulle unioni civili. L’idea che il governo debba risolvere questioni senza farsi influenzar­e dagli interessi della Chiesa, sembra pacifica. Quanto all’ostilità verso soluzioni ritenute arrischiat­e, quando si arriverà al testo definitivo si avrà una reazione ufficiale. D’altronde, oggi non esistono forze di riferiment­o. E il Papa non vuole le guerre culturali ingaggiate dai predecesso­ri: teme piuttosto «leggi-marmellata» che possano minare le famiglie nella loro forma tradiziona­le.

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