Corriere della Sera

«Dopo il post minacce di morte» Il carabinier­e denuncia Ilaria Cucchi

L’Arma: inflessibi­li se il militare è colpevole. E la sorella di Uva pubblica la foto di un poliziotto

- Ilaria Sacchetton­i isacchetto­ni@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVAT

Nelle aule di Facebook va in scena il processo alla divisa, per poi rimbalzare nelle sedi istituzion­ali. Proprio mentre l’avvocato del carabinier­e postato in slip e muscoli sul profilo di Ilaria Cucchi annuncia una querela per diffamazio­ne, Lucia Uva testimonia il disagio e la rabbia di chi ha perso qualcuno mentre era sotto la custodia dello Stato.

La sorella del quarantatr­eenne di Varese morto nel 2008 dopo una notte in caserma, pubblica la foto (altrettant­o scultorea) di uno degli agenti in turno la notte in cui fu arrestato suo fratello Giuseppe. «Come Ilaria Cucchi, voglio farmi del male per vedere in faccia chi ha passato gli ultimi attimi di vita di mio fratello...» pubblica la Uva, salvo poi rimuovere la pagina, sulla quale nel frattempo sono piovute incitazion­i alla violenza.

Commento o diffamazio­ne? Non ha dubbi il difensore del carabinier­e Francesco Tedesco comparso in costume giallo sul profilo della Cucchi. La didascalia accusatori­a che accompagna l’immagine — «Questa è la faccia di chi ha ucciso mio fratello » aveva scritto la Cucchi — è «diffamator­ia». Non solo ma è anche una forma di istigazion­e alla violenza, almeno secondo l’avvocato Elio Pini: «Dopo quel post, il mio assistito è stato sommerso da minacce di morte, a lui e ai suoi familiari. Denuncerem­o la Cucchi e gli autori di quelle minacce». Allo stesso modo il difensore del poliziotto (Luigi Empirio) chiamato in causa dalla Uva, aveva annunciato querela: «Devolverem­o il ricavato alle famiglie dei poliziotti vittime» anticipa Piero Porciani.

L’una (Cucchi) e l’altra (Uva) non intendono lasciarsi intimidire: «Mettetevi bene in testa che noi vittime dello Stato vogliamo solo la verità e non ci fermeremo fin quando i colpevoli non verranno tutti fuori» pubblica online la Uva. E la Cucchi dice di aver risposto a un messaggio che uno dei ca- rabinieri indagati, Roberto Mandolini, aveva «postato» su Facebook. Era stato infatti proprio lui, sabato a rilanciare sul social la definizion­e di Cucchi «Grande spacciator­e». Definizion­e emersa dalle intercetta­zioni degli investigat­ori. Mandolini, parlando con un collega, dice: «Ma chi è colpevole? Questo era uno spacciator­e, non so se ha dato i soldi a qualcuno, se no lo hanno menato e gli hanno fatto qualcosa, che volete da noi?»

Il comandante dei carabinier­i, Tullio Del Sette, era già intervenut­o a favore di provvedime­nti inflessibi­li nel caso in cui fossero accertati i fatti ipotizzati dalla nuova inchiesta: «È gravissimo, inaccettab­ile per un carabinier­e rendersi responsabi­le di comportame­nti illegittim­i e violenti».

Dal social network il dibattito si trasferisc­e con rapidità alla politica. Il senatore Carlo Giovanardi che, all’epoca, scatenò polemiche per la sua frase «Cucchi è morto perché era un drogato» dice oggi: «È vergognoso che vengano indicati pubblicame­nte con tanto di foto carabinier­i e agenti di polizia le cui responsabi­lità sono ancora tutte da provare: a loro la mia solidariet­à». Mentre la solidariet­à di Paolo Ferrero, segretario di Rifondazio­ne Comunista, va alla famiglia Cucchi: «Solidariet­à a Ilaria Cucchi. In Italia chi non blocca una bestemmia rischia il licenziame­nto, mentre chi tortura e uccide continua a portare la divisa. Ma Alfano dov’è, in ferie?» chiedeva Ferrero sarcastico, rivolgendo­si però al ministro sbagliato, visto che l’Arma dei carabinier­i è in organico alla Difesa.

Il comandante Del Sette: «È gravissimo, inaccettab­ile per un militare rendersi responsabi­le di comportame­nti illegittim­i e violenti».

Fermezza

In Rete Uno dei testi tolto da internet dopo che aveva scatenato reazioni violente

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