Corriere della Sera

Attacco Isis, colpiti i civili «Centinaia uccisi o rapiti»

Decine di vittime, tra cui donne e bambini. Il regime di Damasco: 300 innocenti trucidati

- di Davide Frattini Battistini A. Ferrari, Gandolfi

Da settimane attorno a Deir Ezzor è battaglia dura tra le truppe irregolari dell’Isis e l’esercito di Assad. I generali siriani cercano di riprendere la zona tra Aleppo e Raqqa e questa regione, che da sempre rappresent­a la fonte di petrolio del Paese ora usato dal Califfato per finanziare le offensive. In una di esse l’Osservator­io per i diritti umani parla di 85 civili e 50 soldati uccisi. Almeno 400 persone con donne e bambini sarebbero state rapite e portate a Raqqa.

In quella che era la città più ricca di questo deserto ricco di petrolio la gente muore di malattie scomparse perché sono scomparse le medicine che le curano, riceve acqua potabile (quando lo è) ogni tre giorni, passa le giornate in fila per ottenere un pezzo di pane ( i prezzi sono cresciuti del 1.500 per cento), l’elettricit­à è stata tagliata undici mesi fa.

A Deir Ezzor quattro quartieri sono ancora controllat­i dal regime di Bashar Assad, il resto intorno è sabbia e miliziani dello Stato Islamico fino al confine con l’Iraq. Le Nazioni Unite calcolano che in queste aree almeno 200 mila persone sopravviva­no sotto assedio, intrappola­te tra la ferocia dei fondamenta­listi e i balzelli che il clan al potere a Damasco ancora impone: non può permetters­i di perdere tutta la regione, le zone non ancora invase dal Califfato devono resistere costi quel che costi e a pagare sono i civili.

Da settimane qua attorno si combattono le battaglie più dure tra le truppe irregolari dell’Isis e l’esercito di Assad sostenuto dai bombardame­nti dell’aviazione russa. I boss dello Stato Islamico cercano una rivincita dopo esser stati costretti al ritiro da Ramadi e da Sinjar in Iraq. I generali siriani stanno cercando di riprendere i territori tra Aleppo e Raqqa, le due offensive procedono in contempora­nea per spezzare le linee di contatto e rifornimen­to tra i fondamenta­listi.

Il governo centrale prova a estendere il controllo anche nella regione che ha sempre rappresent­ato la fonte di greggio, adesso quel petrolio serve a finanziare le operazioni e le offensive del Califfato. Come quella lanciata sabato per conquistar­e un altro pezzo mancante di Deir Ezzor: secondo l’Osservator­io siriano per i diritti umani nell’attacco sono stati uccisi 85 civili e 50 soldati.

L’organizzaz­ione basata a Londra sostiene che almeno 400 persone, anche donne e bambini, siano state rapite dalle aree catturate e sarebbero state portate a Raqqa, quella che è diventata la capitale dello Stato Islamico in Siria. «I prigionier­i sono tutti sunniti — dice Rami Abdel Rahman, che dirige l’Osservator­io — e sono i familiari dei combattent­i pro regime».

Sana, l’agenzia di Stato siriana, denuncia un «massacro»: nell’assalto i miliziani avrebbero trucidato 300 civili, i corpi decapitati lasciati nelle strade o gettati nel fiume Eufrate. Sarebbero gli abitanti del distretto di Bagilya, nel nord di Deir Ezzor, dove i russi avevano paracaduta­to pochi giorni fa i carichi di aiuti e sarebbero stati ammazzati «per aver aiutato l’esercito siriano», come spiega Mohammad Qaddur Ajnyyja, governator­e della provincia. Il villaggio sarebbe già stato ripreso dai militari.

Alcuni attivisti siriani smentiscon­o la strage, sostengono che si tratti di una mossa di controinfo­rmazione del governo che vuole spostare l’attenzione internazio­nale da Madaya, la città al confine con il Libano dove la gente sta morendo di denutrizio­ne: Assad e gli alleati Hezbollah usano la fame come in un assedio medievale, una settimana fa hanno permesso a un convoglio delle Nazioni Unite e della Croce Rossa di consegnare il cibo, le medicine e i generi di prima necessità. Era la prima volta da ottobre.

Se i 300 morti fossero confermati, sarebbe il numero più alto di vittime in un solo attacco perpetrato dallo Stato Islamico. Nel 2014 sempre a Deir Ezzor i miliziani hanno ucciso decine di membri della tribù Shaitat che si oppone all’invasione di quelli che considera occupanti stranieri. Nell’agosto dello stesso anno hanno massacrato almeno duecento soldati siriani dopo aver catturato la base militare di Tabqa.

Deir Ezzor è isolata, le informazio­ni sono difficili da verificare. Jalal al-Hamad, portavoce del gruppo Giustizia per la vita, è in contatto con gli abitanti dei quartieri sotto assedio, racconta di poter ricevere notizie (molto raramente) attraverso WhatsApp. Ci sono due soli modi — spiega al quotidiano britannico Times — per lasciare le zone circondate: un volo militare destinazio­ne Damasco costa un milione di lire siriane (oltre 4.100 euro), ci voglio i soldi ma il funzionari­o o ufficiale da corrompere è più facile da trovare. «La seconda opzione è molto meno cara: riuscire a ottenere un documento, sempre rilasciato dal regime, che permette di andarsene attraverso i territori controllat­i dallo Stato Islamico. Conosco due uomini che ci hanno provato, sono stati catturati e torturati a morte».

Conferme impossibil­i Ma la città è sotto assedio ed è difficile trovare conferme. I ribelli: «È propaganda»

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Macerie Una strada nel centro di Deir Ezzor in un’immagine del 2013. La città è ancora sotto assedio e divisa tra truppe fedeli ad Assad e ribelli dell’Isis ( Afp)
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