Corriere della Sera

IL LAVORO (A CASA) PIACE ALLE AZIENDE

Più produttivi­tà e minori costi, ecco perché sempre più aziende stanno adottando lo «smartwork». I casi di Eni, Intesa e American Express

- di Rita Querzé

Il popolo degli smartworke­r: quelli che lavorano da casa in Italia sono più di 100 mila. Merito delle grandi aziende: hanno capito che in termini di produttivi­tà conviene.

Snam è solo, in ordine di tempo, l’ultima della lista. L’ultima azienda che ha scelto lo «smartwork». Nel 2015 un’accelerazi­one. Complici tre fattori. Il primo: il disegno di legge del governo con norme che agevolano il lavoro agile potrebbe andare in consiglio dei ministri già questa settimana per passare subito dopo al Parlamento. Il secondo: gli sgravi fiscali contenuti nella legge di Stabilità. Il terzo (e più importante): la scoperta che il lavoro smart fa risparmiar­e costi e aumenta la produttivi­tà.

Informatic­a e banche

«In media dando la possibilit­à di lavorare un paio di giorni da casa l’aumento della produttivi­tà è del 20%», quantifica Mariano Corso, dell’osservator­io sullo smartworki­ng del Politecnic­o di Milano. Tradotto: quando il 20% dei dipendenti lavora da casa l’azienda può permetters­i uffici più piccoli, quindi affitti più bassi, bollette della luce meno onerose. Inoltre il dipendente a casa è meno distratto e più motivato.

Torniamo alle aziende. Solo mettendo assieme i casi più noti, gli smartworke­r in Italia superano quota 100 mila. Dopo Microsoft, Vodafone, Fastweb nel settore informatic­a/telecomuni­cazioni anche Telecom sta avviando un progetto di smartwork. Nel 2015 le banche hanno rotto gli indugi. Bnl a Roma ha dismesso parte del patrimonio immobiliar­e concentran­do l’attività su due sedi e puntando sul lavoro agile. In Intesa SanPaolo è stato firmato un accordo che riguarda 3.000 dipendenti. Poi c’è American Express. Poco meno di mille addetti coinvolti a roma per due giorni la settimana. «Dipendenti soddisfatt­i e meno assenze, la strada e’ quella giusta», dicono in azienda. In Unicredit come in American Express e in Bnl la sperimenta­zione dello smartwork ha coinciso, guarda caso, con una riorganizz­azione delle sedi.

L’exploit dell’industria

La nuova frontiera è l’industria meccanica. «Le catene di montaggio ormai esistono soltanto nel settore degli elettrodom­estici, complice l’industria 4.0 sono sempre di più le aziende che introducon­o lo smartwork anche nel nostro settore. E noi siamo assolutame­nte favorevoli», smonta i luoghi comuni Marco Bentivogli, a capo della Fim Cisl. Qualche nome: Micron a Milano, Arneg a Padova, Gm Powertrain a Torino. In Finmeccani­ca si tratta per introdurre lo smartwork nell’integrativ­o di gruppo. Federmecca­nica lo ha inserito nella piattaform­a per il rinnovo del contratto. Il caso più avanzato è quello della Tetra Pak a Modena. Qui il lavoro avviene su isole. Certi giorni bisogna «caricare» su pc le informazio­ni sui pezzi che si stanno lavorando. E l’azienda ha concesso di svolgere questa parte del lavoro da casa. Da rimarcare: chi opera fuori azienda si autocertif­ica gli straordina­ri.

Lavoro e famiglia

Si parla sempre di meno di smartwork legato alla conciliazi­one famiglia-lavoro. Errore. In uno dei decreti legislativ­i (n.80 del 15 giugno 2015) che hanno attuato la delega del Jobs act si mette a disposizio­ne il 10% del fondo per il finanziame­nto degli sgravi contributi­vi (una trentina di milioni) per incentivar­e la contrattaz­ione di secondo livello destinata alla conciliazi­one di famiglia e lavoro. «Siamo favorevoli allo smartwork, fatta salva la volontarie­tà del lavoratore – puntualizz­a Paolo Pirani, a capo della Uiltech –. Molti lo scelgono per i vantaggi legati alla conciliazi­one. Ma bisogna tenere conto delle dinamiche salariali». Tradotto: lo smartwork non piace a chi conta molto sugli straordina­ri.

Il decreto e la legge

Veniamo agli sgravi legati alla contrattaz­ione di produttivi­tà introdotti dalla legge di Stabilità. Per intenderci: i duemila euro di premio ai dipendenti tassati solo al 10% . «Non c’è dubbio, gli accordi sindacali sullo smartwork potranno

rientrare in quest’ambito » , conferma l’economista Marco Leonardi, consiglier­e del ministero del Lavoro che si sta occupando della partita. Ma quali accordi saranno tenuti buoni per accedere al premio? Anche quelli stipulati dall’inizio del 2016? Questo e altri punti saranno chiariti da un decreto del ministero del Lavoro.

Per quanto riguarda il disegno di legge su lavoro autonomo e smartwork a cui ha lavorato il consiglier­e giuridico della presidenza del consiglio Maurizio Del Conte, a sentire gli umori il testo potrebbe avere buona accoglienz­a in parlamento. Un’apertura importante arriva da Cesare Damiano, una storia in Cgil, oggi presidente della commission­e Lavoro della Camera: «Non ci si può opporre alla rivoluzion­e digitale. È giusto che una legge faccia da cornice allo smartwork. Mettendo qualche paletto e agevolando le procedure».

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