Kabul, razzo vicino all’ambasciata italiana
Fiamme nei pressi degli uffici dei cooperanti, ferite due guardie. I talebani rivendicano l’attacco
Un attacco al governo italiano che ha deciso di restare in Afghanistan? O un segnale alla comunità internazionale che tenta di far ripartire il dialogo? Il razzo che ieri sera è piovuto nella zona diplomatica di Kabul «poteva colpire chiunque», dicono fonti della Farnesina. Però ha colpito la Cooperazione italiana, a 200 metri dall’ambasciata. E un account twitter legato ai talebani l’ha rivendicato con chiarezza: «L’obbiettivo era l’Italia». Si sono udite un paio d’esplosioni. Due guardie afghane, che facevano la sicurezza esterna, sono rimaste ferite in modo non grave. Le schegge non hanno colpito il personale presente la domenica (alla rappresentanza diplomatica in Afghanistan lavorano una sessantina fra civili e militari), corso a rifugiarsi nel bunker di sicurezza. Sono arrivati anche i pompieri, perché la sede è andata in fiamme e i normali estintori non bastavano: i danni sarebbero notevoli. Era partito anche un altro razzo, ma la polizia afghana sostiene d’averlo intercettato e distrutto.
È la seconda volta in quindici anni, da quando l’Italia è tornata a Kabul, che la nostra ambasciata viene colpita. Nel 2009 e nel 2010 ci furono anche le uccisioni di sei parà della Folgore e d’un agente segreto: «Stavolta, niente lascia pensare che fossimo davvero noi l’obbiettivo — dice al telefono l’ambasciatore Luciano Pezzotti —. Io sono sul posto, la situazione per fortuna sta tornando normale». Difficile interpretare: gli uffici italiani a Shash Darak sono vicini al comando Nato, alla residenza indiana e soprattutto alla rappresentanza spala
Il messaggio Un attacco al governo di Roma che ha deciso di restare nel Paese?
attaccata tre settimane fa. Quattro ore prima, nella vecchia chiesetta italiana che in passato è stata oggetto di qualche polemica, s’era celebrata la messa domenicale e si sa che i talebani non hanno mai gradito. Ma è lo stesso Pezzotti a escludere relazioni: «Non diamo significati ad atti che ne hanno, probabilmente, di tutt’altro tipo».
Un significato potrebbe essere la decisione italiana di rimpiazzare gli spagnoli, nel contingente Nato, restando con 900 soldati fino a dicembre. Un’altra chiave di lettura è l’appuntamento di oggi a Kabul: per la seconda volta in un mese il Pakistan, gli Usa e Cina provano a far sedere il governo afghano e qualche talebano moderato. Un esperimento già fallito l’estate scorsa a Islamabad, quando fu annunciata la morte del Mullah Omar e la nomina del suo successore, Mansur, per nulla amato dai principali gruppi rivali: gli uomini di Rasul e i durissimi di Haqqani. Solo ieri, a Jalalabad sono morti in 16 in un attacco kamikaze e non sarà un razzo a spaventare chi negozia. A preoccupare, però sì: appena si fa qualche passo verso la pace, tornano a muoversi i signori della guerra.