Le mosse del governo sulla flessibilità Dal 2017 bisognerà trovare almeno 20 miliardi. Palazzo Chigi: non c’è una proposta sul Fiscal compact
Il governo sta valutando il possibile ricorso contro la Commissione Ue per aver vietato il salvataggio della Banca Tercas con l’intervento del Fondo interbancario. E così, montata la tensione e partite le prime schermaglie, il fronte dello scontro tra Roma e Bruxelles potrebbe aprirsi formalmente.
Il trattamento delle banche in difficoltà è solo uno dei punti di attrito tra il governo e la Commissione. C’è la procedura contro gli aiuti alla bonifica dell’Ilva, la trattativa sulla gestione delle sofferenze bancarie, la questione del gasdotto russo, i fondi per l’emergenza immigrazione in Turchia. Poi, naturalmente, c’è anche il dossier dei conti pubblici, forse il più spinoso.
Ieri Palazzo Chigi ha smentito l’esistenza di «alcuna ipotesi o proposta italiana di revisione del Fiscal compact», ma il problema c’è tutto. I nostri conti per il 2016 non sono a rischio, ma senza un’interpretazione della flessibilità di bilancio un po’ meno rigida di quella fatta propria dalla Commiss i o n e Ue , r i s p e t t a r e i parametri nel 2017 e 2018 sarà difficilissimo.
Bruxelles non ha il minimo dubbio sul fatto che la possibilità di deviare dal percorso di riduzione del deficit pubblico debba essere solo temporanea. «La flessibilità è un margine, si può usare una volta sola» ha ricordato il vicepresidente della Commissione, Jeroen Dijsselbloem pochi giorni fa.
Per il 2016 l’Italia ne ha fatto uso a piene mani. Ha sfruttato la possibilità di alzare ancora di un decimo il disavanzo con la clausola delle riforme, di tre decimi con quella sugli investimenti, di altri due per l’emergenza immigrazione. «Sforamenti», da una decina di miliardi di euro, che devono essere valutati dalla Ue tra febbraio e maggio e autorizzati.
Se anche non ci fossero intoppi (il bilancio 2016 con il deficit al 2,4% avrebbe margini per sopportare qualche scivolamento) Senza la possibilità di rallentare il risanamento servirebbe anche un intervento sul deficit il vero problema si porrà subito dopo, quando si dovrà impostare la manovra 2017 e 2018, sulla quale pesano come macigni gli aumenti dell’Iva (valgono rispettivamente 15 e 20 miliardi). Per scongiurare l’Iva e ridurre le tasse sulle imprese, come ha promesso Matteo Renzi, servirebbero tra 20 e 25 miliardi di euro l’anno.
Se non fosse confermata la flessibilità Ue, con la possibilità di rallentare ancora il risanamento, bisognerebbe pure riprendere a ridurre il deficit di mezzo punto l’anno. Il conto salirebbe a oltre 30 miliardi, che bisognerebbe trovare con tagli di spesa o altre tasse.
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