Quagliariello e il Senato: la riforma è un po’ mia ma non la voterò Può bloccare il sistema
«Nella riforma costituzionale c’è una parte del mio lavoro, lo riconosco... Così come sono assolutamente consapevole che il testo votato in Parlamento avrà una portata storica per quel riguarda il Titolo V e il bicameralismo. Eppure, mercoledì in Senato non parteciperò al voto sul disegno di legge Renzi- Boschi. Mi asterrò dal voto perché il percorso costituzionale voluto dal presidente del Consiglio va corretto: con lo slogan “con me o contro di me”, col richiamo al referendum come “ultima spiaggia”, l’Italia rischia infatti di tornare a un sistema bloccato incapace di affrontare le complessità del contesto nazionale e internazionale».
Trenta mesi fa (settembre 2013), l’allora ministro Gaetano Quagliariello consegnava al governo Letta la bozza delle riforme, compilata dalla «commissione dei 40», che tanta linfa e molte correzioni ha poi convogliato durante l’iter parlamentare del testo costituzionale Renzi-Boschi ora arrivato a un passo dal traguardo: «In quella commissione c’erano tutte le scuole giuridiche e costituzionali e anche i conservatori più accesi della Carta per un certo periodo hanno seguito i lavori. Ora, invece, con l’accelerazione, “con me o contro di me”, voluta da Renzi rischiamo di tornare al punto di partenza. Quando il Paese era impantanato tra berlusconismo e antiberlusconismo».
Professore Quagliariello ora lei non è più ministro ed è passato anche all’opposizione dopo aver lasciato Ncd: anche lei ritiene che la riforma
Renzi-Boschi possa innescare un regime autoritario?
«No, non dico che andiamo verso un regime autoritario. Però è certo che la nuova legge elettorale, l’Italicum, introduce un premierato forte con un ballottaggio molto simile a una elezione diretta del premier. Non temo derive autoritarie ma possiamo anche dire, per esempio, che la nostra legge sull’emittenza televisiva fa concorrenza a quella polacca sulla quale l’Europa ha aperto una faro di attenzione...».
Manca solo il referendum, dopo gli ultimi due passaggi parlamentari. La partita della riforma è chiusa?
«Non mi vorrei rassegnare al muro contro muro prospettato da Renzi in vista del referendum di ottobre. Capisco chi si oppone, ma il presidente
del Consiglio non dovrebbe cavalcare il tema della Costituzione alimentando una cinica operazione politica. Gli assetti costituzionali non si misurano sulle contingenze politiche ma si valutano con il metro del tempo medio e lungo».
C’è ancora spazio per fare correzioni alla riforma?
«Alcuni correttivi sono necessari. Per questo presenterò 5 disegni di legge, ordinari e costituzionali: 1) la reintroduzione delle coalizioni nella legge elettorale; 2) la riforma dell’articolo 49 sui partiti con la regolazione delle primarie; 3) la modifica dell’elezione del presidente della Repubblica che oggi non ha una norma di chiusura; 4) l’istituzione di una commissione paritetica maggioranza-opposizione sul bilancio; 5) la riforma delle autorità di vigilanza garantendo il potere di controllo su di esse da parte del Parlamento».
Ci sono i 161 voti necessari al Senato?
«Scenderanno. Ma i 161 voti sono fuori dubbio».
La legislatura verrà ricordata per la riforma Boschi?
«Piuttosto verrà ricordata per la stepchild adoption. Se verrà approvata la legge Cirinnà sulle unioni civili...».
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