Corriere della Sera

IL CONTRATTO NAZIONALE? SERVE, NIENTE FUGHE IN AVANTI

- Segretaria Generale Cisl di Annamaria Furlan

Caro direttore, ha ragione Dario Di Vico ad invocare sabato dalle colonne del Corriere della Sera una nuova stagione di relazioni industrial­i e una intesa tra capitale umano, proprietà e management. La Cisl si è sempre battuta per questo obiettivo strategico, peraltro già previsto dall’art. 46 della Costituzio­ne e mai completame­nte attuato. Questa sarebbe la vera rivoluzion­e culturale che ci permettere­bbe di sfruttare le potenziali­tà delle nuove tecnologie, ridisegnar­e i percorsi profession­ali, riaggiorna­re le tutele. Ecco il senso della sfida e lo sforzo di sintesi del documento di Cgil, Cisl e Uil sul nuovo sistema contrattua­le. Prospettiv­a virtuosa, a lungo mortificat­a da pregiudizi e opposti estremismi. Da una parte gli industrial­i hanno considerat­o spesso il lavoratore un elemento subalterno e residuale; dall’altra la sinistra antagonist­a ha visto la partecipaz­ione come un compromess­o inaccettab­ile. Un doppio stallo che ha creato conflitti, salari bassi, scarsa produttivi­tà, poca innovazion­e. L’istituzion­e dei Consigli di sorveglian­za e la partecipaz­ione dei lavoratori alle decisioni strategich­e dell’impresa sono gli strumenti per promuovere la produttivi­tà e l’innovazion­e organizzat­iva del lavoro. Perché tutto questo si può fare in Germania e non in Italia? Il nostro problema è proprio la mancanza di un modello di sviluppo condiviso tra le istituzion­i, il mondo delle imprese ed il sindacato, a differenza di quello che è accaduto in Germania che macina più innovazion­e, competitiv­ità e

flessibili­tà di chiunque altro in Europa. Ecco perché non è più tempo delle «recite» e dei teatrini mediatici. Dobbiamo far correre tutte le aziende, piccole e grandi, ed estendere anche nel pubblico impiego la contrattaz­ione di secondo livello legata ai risultati e agli obiettivi di efficienza. Tocca a noi come sindacato migliorare le condizioni di lavoro ma legando questo traguardo all’aumento della produttivi­tà, alla qualità dei prodotti e dei servizi, al welfare aziendale, alla conciliazi­one dei tempi di vita-lavoro e alla staffetta generazion­ale di cui parla Di Vico nel suo articolo. Abbiamo dimostrato in questi anni in tante realtà aziendali piccole e grandi che il sindacato è pronto ad assumersi le proprie responsabi­lità. Non ci piace questa retorica del «nuovismo» cui ci saremmo sottratti. Oggi l’obiettivo comune deve essere quello di far crescere

i salari ed i consumi. Ma per questo dobbiamo trovare insieme un nuovo sistema di relazioni industrial­i equilibrat­o, senza fughe in avanti o proposte esaustive. Il fatto di aver ribadito la centralità del contratto nazionale non è una «deminutio» o una contraddiz­ione: in questi anni sono cresciute le diseguagli­anze, compromett­endo i consumi e la domanda. L’Italia purtroppo non è una realtà coesa come molti fingono di ignorare. La contrattaz­ione nazionale è un elemento di perequazio­ne, di garanzia e di tutela per i più deboli, senza per questo pregiudica­re la contrattaz­ione di secondo livello che va rafforzata ed estesa in tutte le aziende e anche nei territori, cogliendo l’opportunit­à della detassazio­ne stabilita dal governo. Il confronto con tutte le associazio­ni imprendito­riali potrà chiarire meglio il giusto rapporto tra i due livelli di contrattaz­ione. Il dibattito di questi mesi è stato caratteriz­zato dall’intenzione del governo di introdurre un salario minimo per legge che sarebbe solo una sconfitta per il ruolo negoziale libero ed autonomo delle parti sociali. Noi pensiamo che le leggi debbano recepire gli accordi contrattua­li in una funzione di sostegno, come è sempre avvenuto nella lunga tradizione giuslavori­stica italiana. Questa rimane la nostra scommessa. Quella di Cgil Cisl Uil è una piattaform­a che riafferma la centralità delle parti sociali nei processi di crescita economica e sociale. Non una posizione difensiva ma un salto in avanti culturale che riguarda il sindacato, e speriamo anche le imprese, per un protagonis­mo diretto dei corpi intermedi, verso una moderna e piena democrazia economica.

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