Corriere della Sera

Né i soliti commissari, né i soliti colpevoli: un’altra Sicilia

- Di Carlo Baroni

Qui non ci sono commissari che capiscono da uno sguardo. E neanche colpevoli che fanno di tutto per negare un delitto. E già questo è un sollievo. C’è la giustizia, però. Una, nessuna o centomila, visto che siamo in Sicilia. In un’isola che non c’è, Pantalica, ma che tutti abbiamo visto almeno una volta. Lo sfondo inevitabil­e di Doppio inganno (Edizioni Anordest) di Ettore Randazzo, presidente del Comitato scientific­o dell’istituto superiore internazio­nale di Scienze criminali. Un avvocato. Penalista, per giunta. Insomma un palombaro dell’animo umano. Uno che, per mestiere, scende negli abissi e prova a trovare squarci di luce. Come Orazio Oravediamo, il legale del romanzo chiamato a difendere l’ennesimo imputato accusato ingiustame­nte. Un avvocato stanco più della vita che del mestiere. Che da quello, una volta che te ne innamori, divorziare è impossibil­e.

I personaggi del racconto appaiono e se ne vanno con nessuno che se la sente di fare il protagonis­ta. Ci sono giudici e avvocati. Medici legali e investigat­ori privati. E gli Spiga, una famiglia antica con ruggini di un passato che riaffiora senza scrupoli. Troppo pesante anche per chi ha un nome nell’isola. Costruito senza bisogno di fare soldi o conquistar­e potere. E quando si graffia, la ferita non si rimargina. Il padre Ruggero, un nome da paladino, che lotta senza nascondere la vergogna. Una moglie, Nicoletta, che capisce, soffre, ma ha un’altra corazza. E poi lei, Vera, la figlia. E chiamarsi così è già un impegno da mantenere. Ci sono storie che i codici non contemplan­o. Le norme astratte e generali fanno a pugni con la carne viva. Per sentirne il dolore ci vuole un giurista che davanti alle ingiustizi­e, anche solo fiutate, sente «una sorta di emozione ancestrale, quella che impregna ogni difensore autentico dandogli una carica poderosa».

In Doppio inganno vuol dire prendere le parti di un ragazzo con la pelle troppo chiara, venuto da un posto abbagliato dall’erica e dalle strade strette che portano lontano. John MacPound, lo scozzese, catapultat­o in una Sicilia che è troppo per lui. Quella delle cartoline che, una volta tanto, somigliano al vero. I profumi che lo stordiscon­o, i colori che possono far male a chi viene da un posto dove ci sono solo il nero e il grigio. C’è la Sicilia che non cambia mai e per questo non è mai uguale. Quella rassegnata e l’altra che non lascia mai il campo. Qui c’è la radice dei mali di un Paese intero. E anche la speranza di invertire la rotta. Le furbizie di chi si giustifica che fa così per aiutare un amico, lui che ha solo conoscenti. Il lasciar andare le cose e quasi compiacers­ene. Ma c’è anche l’isola capace di smuoversi e commuovers­i. E può essere un accenno di terremoto o un sussulto di dignità.

Gli avvocati, quelli bravi, sanno che non c’è una toga sola buona per tutti i processi. Anche il meno scaltro dei giudici se ne accorgereb­be. In tribunale tutti i nodi fanno fatica a venire al pettine. Ma è il luogo dove hai l’idea di giocartela alla pari. E mica perché c’è scritto che la legge è uguale per tutti. C’è di più, molto di più.

Un ragazzo scozzese catapultat­o a Pantalica, stordito dai profumi e dai colori dell’isola. Una terra che non cambia mai, la speranza di invertire la rotta

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy