Pane e salame per il corpo e lo spirito. Dei partigiani
Pane e salame è il cibo «partigiano» per eccellenza. «Facile da mangiare anche in marcia, e da conservare, leggero da portarsi nello zaino». Merita dunque il primo posto fra le ricette raccolte in appendice di Partigiani a tavola, sotto il titolo Antipasto in marcia. A voler cominciare dal fondo la lettura dell’opera viene perfino da sorridere: fuori dalla gastronomia pretenziosa che oggi fa moda, scorrono le descrizioni di alcuni piatti (Crostoni amari, Frisse del tesseramento, Carbonara degli alleati) da ascrivere alla voce Comfort food. Quel cibo per lo stomaco e per lo spirito che soccorre nei momenti difficili, estremi. I resistenti se lo procuravano con rischio e fatica, talvolta con atti di razzia. Più spesso rifocillati nella case contadine, in montagna, nelle radure.
«Lontani dalla retorica e da intenti celebrativi, abbiamo voluto riscoprire i risvolti delle azioni più minute durante la guerra di Liberazione, scovare nelle pieghe della vita quotidiana l’umanità della Resistenza, con le sue luci e le sue ombre». Lorena Carrara ed Elisabetta Salvini, autrici di Partigiani a tavola. Storie di cibo resistente e ricette di libertà (Fausto Lupetti editore), sottolineano il loro intento, così come puntualizzano che «la questione morale compare spesso» nei racconti della Resistenza. Del resto il valore del cibo come nutrimento, associato alle scelte di lotta politica, è anche il filo conduttore della prefazione di Vinicio Capossela. «Cucinare — scrive — è ancora più che alimentarsi. È esprimere una cultura, un’umanità necessaria, quanto più rischia di essere negata. Fare una storia della Resistenza attraverso il cibo è entrare nel vivo dell’esistere».
Carrara e Salvini, ricercatrici universitarie, hanno compiuto un lavoro minuzioso: autori di cronache e libri di guerra partigiana, oltre testimonianze inedite, costituiscono il substrato dell’opera. Un saggio che, attraverso storie di uomini e donne provati da un’esperienza dura ed esaltante, ne mette a fuoco un aspetto — la fame, il cibo — senza trascurare il contesto più ampio della Storia. «I partigiani per molti furono i liberatori — notano —, per altri furono ladri e delinquenti, quanto tedeschi e fascisti. E tale mancanza di distinzione è da ricondursi principalmente alla sfera nutrizionale». La fame. E i sogni. Efficace un passo ripreso dal romanzo di Calvino I sentieri dei nidi di ragno: «I sogni dei partigiani sono rari e corti, sogni nati dalle notti di fame, legati alla storia del cibo sempre poco e da dividere in tanti. Sogni di pezzi di pane morsicati e poi chiusi nei cassetti».