DAL BATTESIMO DI MORTARA A QUELLO DEI FRATELLI FINALY
Ho letto che uscirà un film di Steven Spielberg che tratterà del caso di Edgardo Mortara, cioè del bambino ebreo fatto rapire da Pio IX per farlo convertire al cristianesimo. L’episodio scatenò molti commenti e proteste nell’Ottocento. Come giudica il fatto la Chiesa cattolica ai nostri giorni?
Antonio Fadda antonio.fadda@virgilio.it
Caro Fadda,
In altri tempi la Chiesa avrebbe risposto che il piccolo Edgardo era stato battezzato dalla sua nutrice mentre era malato e in pericolo di morte; che la Santa Sede aveva l’obbligo morale di allevarlo tra i suoi figli; che Edgardo, più tardi, aveva rifiutato di ricongiungersi alla famiglia; che aveva trascorso la sua intera vita al servizio di Dio, come missionario e predicatore, sino alla morte in Belgio nel 1940. Ma un nuovo dibattito su quella vicenda non potrebbe ignorare ciò che accadde durante la Seconda guerra mondiale, particolarmente in Francia, dove i piccoli Mortara furono potenzialmente non meno di 8.000.
Allo scoppio del conflitto, molti ebrei, soprattutto fra quelli fuggiti dalla Germania e dall’Austria dopo l’inizio delle persecuzioni razziali, affidarono i loro bambini a istituzioni cattoliche, rette da preti, frati e suore. Vi furono casi in cui i responsabili della custodia rispettarono i precetti e le regole dietetiche dei loro piccoli ospiti. Ma ve ne furono altri in cui lo zelo religioso prevalse su ogni altra considerazione e i bambini furono battezzati.
Il problema venne al pattine dopo la fine della guerra, quando le famiglie dei sopravvissuti chiesero la restituzione dei loro figli e alcune istituzioni opposero a queste richieste una sorta di «non possumus». Interpellato, papa Pio XII dette istruzioni per una indagine sulle dimensioni del fenomeno e per la redazione di una direttiva in cui sarebbero stati descritti i casi in cui la restituzione, per la Chiesa, non era possibile.
La direttiva fu trasmessa anche alla nunziatura di Parigi e al nunzio Angelo Roncalli (il futuro Giovanni XXIII) che ebbe l’incarico di trasmetterla ai vescovi francesi. Roncalli veniva dalla Bulgaria dove era riuscito a impedire che gli ebrei, per ordine di Hitler , venissero deportati. Anziché dare pubblicità alla direttiva, la inviò soltanto ai vescovi che chiedevano esplicitamente istruzioni; una decisione che ebbe probabilmente il risultato di mitigarne gli effetti. Il caso più imbrogliato fu quello dei fratelli Finaly, nati in Francia nel 1941 e nel 1942 da genitori austriaci che li avevano affidati a una istituzione cattolica nei pressi di Grenoble prima di essere deportati a Auschwitz dove morirono nel 1944. Anche in questo caso, come in quello di Edgardo Mortara, la Chiesa si oppose alla restituzione, ma dovette cedere nel 1953 alle pressioni della comunità ebraiche e della pubblica opinione, anche cattolica. I tempi stavano cambiando e al cambiamento contribuirà il papato di Angelo Roncalli dal 1958 al 1963.