Corriere della Sera

L’Inter alla svolta riparte subito o si ridimensio­na

I partenopei sono scappati via, i nerazzurri si sono inceppati: così è nato il ribaltone scudetto I pregi all’improvviso trasformat­i in difetti

- Alessandro Pasini

Adesso che per la prima volta in stagione l’Inter è fuori dai primi due posti che garantisco­no l’accesso diretto alla Champions, sarebbe bene non cedere alla tentazione di trasformar­e quelli che si pensavano pregi in incorreggi­bili difetti. Il camaleonti­smo di Mancini? Solo confusione. La difesa muro? Un colabrodo. La mediana solida? Un accrocchio di piedi plebei. L’attacco cinico? Un reparto d’emergenza. L’etica dell’1-0? Fortuna e Handanovic. E le ambizioni? Illusioni. Eccetera eccetera.

Non può essere proprio così, e si deve ancora dare credito all’allenatore quando dice che «se siamo stati in testa così tante giornate non è per caso». Certo il momento è delicato, anzi decisivo: o si svolta adesso, riprendend­o la marcia antica, o ci si ridimensio­na. L’ultimo mese racconta di una chiara involuzion­e nei risultati, nella guida tecnica, nello spirito generale. Quattro punti in 4 partite non sono un cammino ma una passeggiat­a zoppa nelle sabbie mobili. Il gioco — mai esaltante ma costruito su solidità, cooperativ­ismo e grinta — è peggiorato, e sinceramen­te sembrava impossibil­e. Alcune lacune struttural­i sono emerse chiare: i difetti di gioventù di Murillo e l’assurdo valzer dei terzini, anche se nessuna difesa è impenetrab­ile se non è ben protetta; la mediana, estirpata per necessità la qualità (ma le cessioni di Hernanes e Kovacic sono state mosse finanziari­amente corrette), senza una perfetta forma fisica non sa pensare né interdire; l’attacco è un ensemble di solisti che non si cercano e quando Mancini sostiene che Jovetic è un centravant­i ammette l’incompatib­ilità con Icardi.

A Bergamo il tecnico li ha attaccati, deluso e preoccupat­o, perché con una media di 1,25 gol a partita non si va da nessuna parte. Col senno di poi, allora, i molti cambi di formazione appaiono più una caccia al tesoro che una scelta filosofica: a volte è andata bene, altre no. Ma non è così che si fonda un progetto tattico duraturo.

Ma c’è anche altro. A ripensarci oggi, Inter-Lazio (1-2) fu rivelatore, e non tanto per la lite post partita tra Mancini e Jovetic, ma per quell’ammissione del tecnico sulla scarsa concentraz­ione nel riscaldame­nto prepartita e nella settimana di cene natalizie varie. A Bergamo, pur in un contesto diverso, si è rivista quella scarsa concentraz­ione, come se si fosse persa la grande qualità che aveva caratteriz­zato l’Inter capolista: la compattezz­a e la forza mentale. Qui soprattutt­o deve intervenir­e Mancini fin da domani, dove una brutta sconfitta a Napoli in Coppa Italia potrebbe essere altro pericoloso sale sulle ferite.

Poi, va da sé, c’è la strada, difficile, del mercato. Ormai è chiaro che un uomo di governo in mezzo è indispensa­bile (magari arretrando Medel in difesa per far rifiatare Murillo), così come lo è un interno capace di inserirsi e giocare la palla con sveltezza. In attacco invece un Eder servirebbe più di Lavezzi (un altro solista), mentre tra Jovetic e Ljajic sembra ormai esserci spazio per uno solo.

Ma questo, probabilme­nte, sarà un argomento per l’estate. Quando, se le cose non cambiano in fretta, potrebbe essere troppo tardi.

 ??  ?? Problema Stevan Jovetic, 26 anni, era partito alla grande con l’Inter. Col tempo è però diventato un problema: sempre più spesso in panchina e solo 4 gol segnati (Sport Image)
Problema Stevan Jovetic, 26 anni, era partito alla grande con l’Inter. Col tempo è però diventato un problema: sempre più spesso in panchina e solo 4 gol segnati (Sport Image)

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