Slam, gloria e dollari L’immensità di Federer per accecare il Djoker
Australia decisiva: chi arriverà per primo a 100 milioni?
Dentro la palla di cristallo dell’Australian Open, un’incognita (immaginiamo una finale tra il n.1 Djokovic e il n.2 Murray: se la moglie di Andy stesse per partorire, lo scozzese abbandonerebbe il torneo consegnando senza giocare il titolo al rivale: «La famiglia è più importante di una partita di tennis») e mille dubbi.
Il nuovo che non avanza — i bad boy australiani Kyrgios e Tomic, Dimitrov spompato dalle fidanzate, Raonic che ha appena vinto a Sydney ma ha meno chilometri nel motore di quanti dovrebbe per colpa degli infortuni — ha permesso ai big-5 di perpetuare la restaurazione: il risultato, oggi, è un tennis che ruota intorno al satellite Novak Djokovic (10 titoli Slam, tre solo nel 2015), sparato in orbita dalla sua straripanza atletica, dalla lentezza dei campi e delle palle, dall’arrancare degli inseguitori, tramortiti da tanto correre. I top10 viaggiano alla velocità non stratosferica di 29.7 anni di media, il primo under 20 nel ranking è il croato Borna Coric (19enne, n.40), il secondo è il L’aiuto dell’amico Ljubicic per inceppare gli ingranaggi del numero 1 del mondo
coreano Hyeon Chung (classe 1996, n.51), che al primo turno di Melbourne ha la sventura di imbattersi nel molleggiato Djokovic. Game Over.
Si ricomincia così, affacciandosi dal balcone dell’Australian Open su un panorama che ci offre le stesse insenature, gli stessi golfi. Djokovic a Melbourne insegue il sesto titolo, Serena Williams (che non gioca un match ufficiale dalla sconfitta con Roberta Vinci a New York e nella notte ha affrontato Camila Giorgi) addirittura il settimo. Novità? No, un ritornello già sentito. 26 vittorie nelle ultime 27 partite, sei titoli Atp consecutivi, un avvio di stagione con il botto senza perdere un set a Doha, il Djoker offre cioccolatini in sala stampa, pregustando il lauto pasto: «Vengo dalla migliore stagione della mia carriera, è presto per dire se quest’anno riuscirò a migliorarmi. Ho ricaricato le batterie in famiglia: per due settimane, dopo il Master di Londra, non ho preso in mano la racchetta. Ho voglia di ricominciare. Sono fresco, riposato, in forma». Si salvi chi Icona Roger Federer, 34 anni, 17 Slam, n.1 per 237 settimane di fila (Afp) può. Dalla sua parte del tabellone, eventualmente in semifinale, l’immenso Federer. Roger è sbarcato in Australia con un nuovo membro della numerosa famiglia: Ivan Ljubicic, il coach soffiato a Raonic, l’amico di appena due anni più
grande che prende il posto dell’idolo (Stefan Edberg) nel tentativo di far sventolare la bandiera su un altro Slam e, magari, sull’oro olimpico di Rio de Janeiro. Impossibile pensare che Federer abbia ingaggiato Ljubicic in assenza di un’idea, uno spunto, un’indicazione su come riuscire a battere il Djoker tre set su cinque (22-22 i precedenti), quando cioè davvero conta. L’obiettivo è spezzare l’inerzia del serbo, buttarlo giù dall’onda, incrinarne la fiducia sconfinata fino ad aprire una crepa. Da crepa, poi, nasce crepa.
I due sono impegnati anche in un’altra sfida appassionante: superare i 100 milioni di dollari in prize money. Federer sta a 97.3, Djokovic insegue a 94.2. Considerato che l’Australian Open mette in palio per il vincitore 3.85 milioni di dollari, l’impresa potrebbe presto arrivare al capolinea. Ma non è da questi particolari che si giudica un campione. «Siamo in cinque ad avere qualcosa di più: Novak, Murray, io, Wawrinka e Nadal» ha detto Federer alla viglia del torneo. Questa stagione dovrà dargli carburante per arrivare al 2017. Oltre, sarà difficile. 17 Slam da difendere dall’assalto di Djokovic, cominciando dall’estate di Melbourne. «Ho solo 34 anni, c’è ancora molto da imparare».
Novità in famiglia