STOP BUROCRATICO AI SOLDI ANTISMOG
INQUINAMENTO E BUROCRAZIA
Quasi un miliardo del «conto energetico» bloccato dalla burocrazia. È bastata la pioggia e l’incubo dello smog è subito sparito. Arrivederci alla prossima emergenza.
I riscaldamenti I fondi per migliorare gli impianti di case ed edifici pubblici sono utilizzati solo per il 3%
Le norme
Vi ricordate le polveri sottili? È bastata la pioggia e tutti gli incubi che avevano oppresso le nostre città e occupato le prime pagine sono spariti. Puff! Arrivederci alla prossima emergenza. E arrivederci anche alle soluzioni. Ma è serio? Risultato: quasi un miliardo di euro del «conto energetico» bloccato dalla burocrazia. Con costi enormi per la collettività e le famiglie.
Eppure nelle nebbie fitte e angoscianti di dicembre e dei primi di gennaio, quando i bollettini atmosferici parevano minacciosi dispacci di guerra e i sindaci erano chiamati a prendere «eroiche» decisioni impopolari, una cosa era chiara: o si cambiano certe scelte di fondo o resteremo appesi anche in futuro ai capricci di Giove Pluvio. Che deciderà a suo gusto le città salvate o sommerse dalla prossime ondate di smog. Macché...
Dice tutto un’interrogazione parlamentare firmata da Ermete Realacci. Che chiede a Matteo Renzi e ai vari ministri competenti che fine abbia fatto, dopo le misure tampone dettate dall’emergenza, l’impegno solenne a rivedere le regole per distribuire 900 milioni di euro, «di cui 700 milioni per i privati e 200 per il pubblico», così da accelerare la revisione «ecologica» degli impianti dei condomini, delle case private, delle strutture pubb li c h e . E «l i m i t a r e l’inquinamento che colpisce tante nostre città e in particolare l’area della Pianura Padana, in cui incide fortemente il riscaldamento degli edifici: dipendono, ad esempio, dal riscaldamento circa il 40% delle polveri sottili Pm10».
I soldi ci sarebbero, le regole anche. Solo che queste regole sono così burocraticamente cervellotiche da impedire di fatto un accesso di massa da parte non soltanto dei cittadini, che per approfittare degli incentivi dovrebbero assumere un commercialista e un idraulico laureato in giurisprudenza, ma perfino delle scuole, dei Comuni, degli uffici pubblici di ogni genere chiamati tutti gli inverni a sostenere spese esorbitanti.
Andatevi a leggere sul web le «Regole applicative del conto termico». Centoquarantanove pagine (149!) talmente dettagliate e «azzeccagarbugliesche» da essere inespugnabili.
Esempio: «Per gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti di climatizzazione invernale utilizzanti generatori di calore a condensazione l’incentivo totale cumulato per l’intera durata è pari a: I tot = 40% ·C · Pn int con: I tot <- I max: incentivo totale dell’intervento cumulato per l’intera durata, che verrà ripartito e corrisposto in 5 rate annuali costanti. I max: valore massimo raggiungibile dall’incentivo totale (Tabella 12) Pn int = somma delle potenze termiche del focolare dei generatori di calore installati, da intendersi riferita al potere calorifico inferiore, espressa in kWt».
Un delirio. Al punto che di quella montagna di soldi a disposizione per rifare gli impianti risulta utilizzato finora meno del 3%. Poco o niente. Tanto più a fronte delle parolone declamate per esaltare gli accordi globali sul clima presi da 187 Paesi nella recente conferenza di Parigi. Accordi che, come ricorda Realacci, «vedono nell’efficienza energetica e nello sviluppo delle fonti rinnovabili una delle strade da seguire».
Lo sanno tutti che quelle 149 pagine più aggiornamenti sono inespugnabili. Tanto è vero che «l’articolo 22 del “decreto Sblocca Italia”» del 2014 «prevedeva di rivedere i criteri di utilizzo dei fondi per il cosiddetto “conto termico”, per facilitare l’accesso a tali contributi per imprese, famiglie e soggetti pubblici». In modo da usare finalmente quei soldi «tuttora inutilizzati a causa della farraginosità dell’iter burocratico finora previsto». E questa semplificazione doveva avvenire entro il 31 dicembre 2014. Macché, scadenza mancata.
Il 9 gennaio 2015, più di un anno fa, replay: «Fu emanato il decreto interministeriale (ministero dello Sviluppo economico e ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare) che istituiva la cabina di regia per l’efficienza
Per usare gli incentivi un cittadino dovrebbe assumere un idraulico laureato in legge
energetica, finalizzata al coordinamento ottimale delle misure e degli interventi di efficienza energetica». E che fine ha fatto questa «cabina di regia» tra i vari ministeri? Risposta letale: «Non si ha evidenza di attività».
E così se n’è andato, senza l’agognata semplificazione del «conto termico», anche il 2015. Un peccato. Perché non solo «la misura sarebbe un importante incentivo anche per la nostra economia, l’innovazione e la competitività delle nostre imprese». Ma perché secondo la Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione il cui azionista unico è il ministero dell’Economia, « la spesa energetica per uffici, scuole e ospedali è maggiore di 5 miliardi di euro annui e investendo in efficienza energetica questo valore si può ridurre almeno di un terzo». Cioè oltre un miliardo e mezzo l’anno. Tanti soldi. Oggi evaporati in una nuvola di burocratese e polveri sottili...