Corriere della Sera

UN REFERENDUM SULLE TRIVELLE

- Di Virginia Piccolillo

La Corte costituzio­nale ha dichiarato ammissibil­e il quesito referendar­io proposto dalle Regioni sulle trivellazi­oni. Un quesito tecnico che ha assunto una valenza politica.

O una nuova norma o il referendum anti-trivelle si farà. La Corte Costituzio­nale ha dichiarato ammissibil­e l’unico quesito referendar­io presentato dalle Regioni e sopravviss­uto al vaglio della Cassazione. Il sesto: quello che riguardava la durata delle concession­i alle società di ricerca e sfruttamen­to degli idrocarbur­i entro le 12 miglia marine. Se non ci saranno modifiche normative gli italiani saranno chiamati a esprimersi su un quesito tecnico, che si è ormai caricato di forte valenza politica. E forse non sarà l’unico. Le Regioni si preparano a presentare il conflitto di attribuzio­ne che, se la Consulta lo dovesse ritenere fondato, farebbe rivivere altri due quesiti.

Il governo fa sapere che non sta preparando alcuna leggina. E smentisce la notizia circolata ieri di una ipotesi allo studio per modificare la legge di Stabilità in quella parte: relativa

alle concession­i date per «la durata di vita utile del giacimento». Ma in ogni caso, si evidenzia da Palazzo Chigi, non ci saranno nuove trivelle chiunque vinca il referendum. Alle polemiche su quel quesito ammesso si replica facendo notare il bicchiere mezzo pieno: la Consulta ha confermato la decisione della Cassazione che ha riconosciu­to da bocciare gli altri 5 quesiti perché già superati dal governo con le modifiche inserite nella legge di Stabilità. Quindi il governo, si interpreta, ha avuto un riconoscim­ento di quanto sia stata rispettata l’iniziativa referendar­ia. E il quesito ammesso? Non è “trivelle sì o no”, ma quanto devono durare le concession­i. È molto specifico, motivato, si dice, anche dalla volontà di salvaguard­are l’occupazion­e dei 5 mila addetti.

C’è tempo per cambiare idea. Per superarlo, le modifiche normative possono arrivare anche a ridosso del referendum, che dovrà essere fissato entro giugno. Intanto si aspettano le motivazion­i previste per il 10 febbraio. Ma è solo il primo round. Già si profila il secondo.

«Il governo ha risposto secondo le richieste a tre quesiti. Ma sugli altri tre ha fatto il furbo. Sul 6° si farà il referendum, ma sul 2° e il 3° solleverem­o il conflitto di attribuzio­ne» sintetizza l’avvocato Stelio Mangiameli che rappresent­a i Consigli regionali delle Regioni promotrici. Cosa riguardano? «Il 3° le proroghe sine die: invece di eliminarle hanno fatto in modo che restino sui vecchi titoli. Il 2° è ancora più importante. Il governo ha fatto sparire del tutto il piano delle Aree. Senza sarà il far-west».

Soddisfatt­i, gli ambientali­sti. «Gli italiani potranno finalmente dare il loro parere, non solo su petrolio sì o no, ma sull’Italia che vogliamo», esulta il Verde Angelo Bonelli. Greenpeace, Legambient­e, Marevivo, Touring Club e Wwf aggiungono: «Pur di assecondar­e le lobby dei petrolieri, l’esecutivo aveva promosso forzature inaccettab­ili, come la classifica­zione delle trivellazi­oni come opere strategich­e. Ora la Consulta dà la parola definitiva ai cittadini».

Ma alle Tremiti la notizia non scalda gli animi: «Puntiamo a evitare in ogni caso che si facciano le ricerche: né fuori né dentro le 12 miglia».

I tempi Se non ci saranno modifiche normative, si andrà alle urne entro il mese di giugno

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(Foto Ansa) Proteste Una manifestaz­ione di Greenpeace contro le trivellazi­oni
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Corriere della Sera Fonte: Bollettino ufficiale degli idrocarbur­i e delle georisorse – 31 dicembre 2015

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