UN REFERENDUM SULLE TRIVELLE
La Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il quesito referendario proposto dalle Regioni sulle trivellazioni. Un quesito tecnico che ha assunto una valenza politica.
O una nuova norma o il referendum anti-trivelle si farà. La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile l’unico quesito referendario presentato dalle Regioni e sopravvissuto al vaglio della Cassazione. Il sesto: quello che riguardava la durata delle concessioni alle società di ricerca e sfruttamento degli idrocarburi entro le 12 miglia marine. Se non ci saranno modifiche normative gli italiani saranno chiamati a esprimersi su un quesito tecnico, che si è ormai caricato di forte valenza politica. E forse non sarà l’unico. Le Regioni si preparano a presentare il conflitto di attribuzione che, se la Consulta lo dovesse ritenere fondato, farebbe rivivere altri due quesiti.
Il governo fa sapere che non sta preparando alcuna leggina. E smentisce la notizia circolata ieri di una ipotesi allo studio per modificare la legge di Stabilità in quella parte: relativa
alle concessioni date per «la durata di vita utile del giacimento». Ma in ogni caso, si evidenzia da Palazzo Chigi, non ci saranno nuove trivelle chiunque vinca il referendum. Alle polemiche su quel quesito ammesso si replica facendo notare il bicchiere mezzo pieno: la Consulta ha confermato la decisione della Cassazione che ha riconosciuto da bocciare gli altri 5 quesiti perché già superati dal governo con le modifiche inserite nella legge di Stabilità. Quindi il governo, si interpreta, ha avuto un riconoscimento di quanto sia stata rispettata l’iniziativa referendaria. E il quesito ammesso? Non è “trivelle sì o no”, ma quanto devono durare le concessioni. È molto specifico, motivato, si dice, anche dalla volontà di salvaguardare l’occupazione dei 5 mila addetti.
C’è tempo per cambiare idea. Per superarlo, le modifiche normative possono arrivare anche a ridosso del referendum, che dovrà essere fissato entro giugno. Intanto si aspettano le motivazioni previste per il 10 febbraio. Ma è solo il primo round. Già si profila il secondo.
«Il governo ha risposto secondo le richieste a tre quesiti. Ma sugli altri tre ha fatto il furbo. Sul 6° si farà il referendum, ma sul 2° e il 3° solleveremo il conflitto di attribuzione» sintetizza l’avvocato Stelio Mangiameli che rappresenta i Consigli regionali delle Regioni promotrici. Cosa riguardano? «Il 3° le proroghe sine die: invece di eliminarle hanno fatto in modo che restino sui vecchi titoli. Il 2° è ancora più importante. Il governo ha fatto sparire del tutto il piano delle Aree. Senza sarà il far-west».
Soddisfatti, gli ambientalisti. «Gli italiani potranno finalmente dare il loro parere, non solo su petrolio sì o no, ma sull’Italia che vogliamo», esulta il Verde Angelo Bonelli. Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club e Wwf aggiungono: «Pur di assecondare le lobby dei petrolieri, l’esecutivo aveva promosso forzature inaccettabili, come la classificazione delle trivellazioni come opere strategiche. Ora la Consulta dà la parola definitiva ai cittadini».
Ma alle Tremiti la notizia non scalda gli animi: «Puntiamo a evitare in ogni caso che si facciano le ricerche: né fuori né dentro le 12 miglia».
I tempi Se non ci saranno modifiche normative, si andrà alle urne entro il mese di giugno