La trattativa su sgravi e Turchia Renzi: un errore dire sempre sì
È uno spiraglio minimo ma qualcosa, al di là delle dichiarazioni ufficiali, potrebbe muoversi. Perché lo scontro durissimo tra Italia e Unione Europea rappresenta una frattura senza precedenti e «le conseguenze possono danneggiare tutti», come avrebbe riconosciuto lo stesso presidente della commissione Jean Claude Juncker nei vari incontri che si stanno svolgendo nelle ultime ore. Riunioni spesso informali proprio per trovare una sorta di accordo, o quantomeno un compromesso sui temi principali che sono quelli sociali ed economici. Anche il presidente del consiglio Matteo Renzi è consapevole di trovarsi «di fronte a una vicenda complicata», convinto però di non poter accettare «la politica dei due pesi e delle due misure», perché - ha spiegato più volte in queste ore - «io faccio una battaglia a viso aperto, la tattica di dire sempre sì non vale». E tra gli esempi che a suo dire mostrano questo “doppio binario” cita i cosiddetti “stress test” sulle banche «che ci penalizzano ingiustamente rispetto ad altri Stati e «l’atteggiamento dell’Unione rispetto ai crediti deteriorati per i quali si sta drammatizzando in modo esagerato». Ecco perché si sta tentando una mediazione affidata a persone che conoscono bene i meccanismi e i rituali di Bruxelles.
I soldi alla Turchia
L’ultimo incontro si è svolto lunedì sera, primo atto di una trattativa certamente difficile che ha sul tavolo le questioni più urgenti come il finanziamento da destinare alla Turchia. Emissario italiano, il capogruppo dei socialisti al Parlamento europeo Gianni Pittella che ha parlato con Juncker proprio per tentare di «riaprire un dialogo costruttivo, mettendo bene in chiaro il ruolo che il nostro Paese ha e la determinazione ad ottenere che l’Unione passi dalle parole ai fatti». E un primo risultato l’ha ottenuto, anche se la partita appare tutt’altro che chiusa. La scorsa settimana alcuni funzionari europei avevano fatto sapere che sui tre miliardi di euro da destinare ad Ankara per fare fronte all’emergenza migratoria - su cui era stata raggiunta l’intesa la scorsa estate - l’Italia sta facendo resistenze rispetto al versamento della sua quota che ammonta a 280 milioni di euro. Effettivamente la nostra rappresentanza a Bruxelles aveva manifestato alcune perplessità sulla scelta di far gravare l’esborso di denaro sugli Stati membri e non sul bilancio comunitario. Ieri l’argomento è tornato al centro della discussione e Juncker si è impegnato a scomputare i soldi dal patto di Stabilità. Un passo importante per dimostrare la volontà di venire incontro alle esigenze manifestate da Roma, ma a condizione che «i toni vengano subito abbassati, che terminino questi attacchi visto che l’Unione vive uno dei suoi momenti più bui e scontri così accesi servono soltanto a dare forza al populismo».
Il ruolo del funzionario
In realtà a complicare i rapporti è stata proprio la dichiarazione di due giorni fa che, sia pur attribuita genericamente a «fonti Ue», proveniva dal gabinetto di Juncker guidato da Martin Selmayr. E lamentava il fatto che «a Roma l’Ue non ha interlocutori». Un attacco giudicato molto grave, soprattutto perché proveniente da un funzionario e dunque senza possibilità di «interlocuzione politica». Pittella su questo è stato chiaro sia durante l’incontro dell’altra sera, sia nei commenti ufficiali di ieri quando ha ribadito che «l’Italia ha fatto richieste precise e costruttive su alcuni dossier e pretende di avere rispetto e attenzione. Vogliamo ricucire ma senza chinare la testa». Anche perché in ambienti della nostra rappresentanza si sottolinea come Selmayr è «molto vicino alla cancelliera tedesca Angela Merkel e ciò sembra fare il paio con la sortita di ieri del capogruppo del Ppe al parlamento europeo Manfred Weber, anche lui tedesco». E dunque si mette in relazione il fatto che «Juncker ha incontrato la Merkel giovedì sera e il giorno dopo ha attaccato Renzi».
I parlamentari Pd
In questo clima riuscire a trovare un’intesa in tempi rapidi appare tutt’altro che scontato, ma Pittella appare convinto « che alla fine si arriverà al chiarimento risolutivo » . E dunque con Juncker ha insistito sul fatto che «tra febbraio e marzo la Commissione deve presentare le prime misure sul distacco dei lavoratori e sul dumping sociale», cioè la concorrenza sleale sui diritti dei lavoratori. Altra priorità «il contrasto all’elusione fiscale, quindi le tasse si pagano dove si fanno profitti». Secondo Pittella «avevamo iniziato bene, Juncker aveva accettato il compromesso secondo cui non si mette in discussione il patto di Stabilità ma si attua la flessibilità per consentire maggiori investimenti e dunque si vara il piano da 315 miliardi. Poi sono arrivati i “falchi” e si è arrivati allo stallo». Ora si cerca di ripartire e per farlo Renzi ritiene di aver bisogno dell’appoggio di tutti i trentuno parlamentari del Pd. Forse proprio per questo li ha convocati a Roma per venerdì, riunione fissata prima della direzione del partito proprio per affrontare i temi caldi della crisi con Bruxelles.
Mediazione La mediazione affidata a Pittella per riaprire un dialogo costruttivo