CAPOLISTA BLOCCATO
La nuova legge elettorale per la Camera, l’Italicum, divide il territorio nazionale in 100 collegi di dimensioni ridotte (ciascuno elegge da 3 a 9 deputati, in media 6 o 7). Qui ogni formazione presenta una lista di candidati: il capolista è bloccato; gli altri — per le liste che ottengono più di un seggio per collegio — sono scelti con le preferenze. Una parte degli eletti, insomma, è indicata dal partito, un’altra dal voto di preferenza. Lo stesso candidato può essere capolista al massimo in 10 collegi.
Altro che «uomo solo al comando», altro che «regime». Al bivio toccherà a Renzi scegliere se modificare l’Italicum o lasciarlo così com’è: sono molte le variabili da calcolare prima della scelta. In ogni caso — facendo affidamento sui numeri esaminati da molti leader insieme ai loro tecnici di fiducia — il futuro premier sarebbe costretto a un gabinetto di coalizione tra partiti o a un gabinetto di coalizione tra correnti di uno stesso partito. Sarebbe cioè costretto a mediazioni e concessioni in nome della «governabilità».
Ma a parte le questioni di ingegneria elettorale e costituzionale, c’è un aspetto che riguarda esclusivamente Renzi. Il fatto che abbia annunciato la volontà di chiudere la sua esperienza nella prossima legislatura, che più volte abbia detto «un altro mandato e poi lascio», potrà influire in modo positivo sull’elettorato, ormai allergico ai professionisti del Palazzo. Ma rischia di creargli problemi politici nel Palazzo, perché fin dall’inizio della prossima legislatura — nel caso dovesse vincere — inizierebbe la guerra di posizionamento nel Pd. E questo scontro, in vista del «cambio della guardia», potrebbe avere effetti nella gestione di governo.
Anni fa, il premier spagnolo Aznar confidò a un amico del Ppe: «Il giorno stesso in cui dissi che non mi sarei più ricandidato, capii di non contare più nulla. Ed ero ancora a capo del governo».