Corriere della Sera

«Un dramma umanitario Subito il cessate il fuoco»

Il mediatore Onu Kobler: «Spetta ai libici sconfigger­e l’Isis»

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Il convoglio Un lungo convoglio di pickup con a bordo uomini armati e incappucci­ati e bandiere nere dell’Isis, in Cirenaica, nel novembre 2014, poco dopo la presa di Sirte

franca e a tratti anche dura, il mio messaggio è stato chiaro. Ci sono 5 principi in base ai quali organizzar­e tutto: l’accordo politico deve essere la base di ogni cosa. Nessuna iniziativa parallela, senza l’Onu. Una base più ampia possibile di adesioni. Un trasferime­nto del potere pacifico. Infine, un processo totalmente libico, dove la comunità internazio­nale può far solo da facilitato­re. E’ normale che ci siano dissensi, è un processo politico».

Che assicurazi­oni ha avuto dalle milizie, appoggeran­no l’accordo e il nuovo governo?

«Siamo in contatto permanente con le milizie, in particolar­e attraverso il generale Serra. Il quadro è complicato, c’è chi appoggia e chi no. Ma un governo non può essere protetto dalle milizie, bensì da forze regolari, esercito, polizia, guardie di frontiera. Una volta insediato l’esecutivo di unità nazionale le milizie dovranno essere disarmate o integrate».

Ma questo governo è abbastanza inclusivo?

«Questo governo è molto criticato, ma non posso immaginarm­i una lista di ministri che venga applaudita da tutti. Se saranno ritenuti necessari dei cambiament­i verranno fatti».

La situazione della sicurezza continua a peggiorare: ci sono stati attacchi dell’Isis a installazi­oni e perfino un fallito attentato al premier designato Fayez al Sarraj. Non è tempo di cominciare a bombardare le postazioni jihadiste prima che sia troppo tardi?

«E’ vero, il binario politico è più lento di quello militare. Le forze libiche sono divise, Isis no. E guadagna terreno ogni giorno. Ma non si può fare il secondo passo prima del primo. Il processo deve appartener­e interament­e ai libici, devono combattere lo Stato islamico. E solo un governo insediato può chiedere l’aiuto militare all’esterno».

Qual è la situazione umanitaria?

«Drammatica. Ci sono 2,4 milioni di persone che hanno urgente bisogno di assistenza.

Il ruolo dell’Italia Risultato ottenuto anche grazie al forte lavoro d’incoraggia­mento fatto dall’Italia

1,4 milioni rischiano la fame. Il 60% delle scuole di Bengasi è chiuso dall’inizio dell’anno scolastico. Negli ospedali mancano le attrezzatu­re mediche più elementari. E’ una vergogna per un Paese così ricco. Oggi ho proposto che intanto vengano concordati dei cessate il fuoco umanitari a intervalli regolari, tipo ogni lunedì, per consentire l’ingresso degli aiuti. Potrebbero cominciare subito. Ho avuto accoglienz­a positiva. Vedremo».

Cosa si aspetta l’Onu dall’Italia?

« L’Italia sta giocando un ruolo di primo piano. Ed è importante continui nel suo impegno. Se questa lista di ministri è stata presentata nell’arco di appena 40 giorni, una velocità impensabil­e in molti dei nostri Paesi, è anche grazie al forte lavoro di incoraggia­mento fatto dall’Italia».

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