Corriere della Sera

Parte in Germania la sfida di Facebook contro l’odio online

- di Danilo Taino DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

Sembra che chiunque metta piede in Europa, di questi tempi, debba fare i conti con rifugiati, xenofobia, razzismo. Anche Facebook, naturalmen­te, che ha lanciato un’iniziativa per sostenere, con un miliardo di euro, organizzaz­ioni non governativ­e che combattono l’estremismo online e sui social network, in particolar­e i messaggi che predicano l’odio. La chief operating officer del gruppo, Sheryl Sandberg, ha annunciato a Berlino la collaboraz­ione di Facebook con una serie di organizzaz­ioni e con il ministero della Giustizia tedesco: si chiama Online Civil Courage Initiative (Occi), avrà base nella capitale tedesca ma sarà attiva in tutta Europa. Oltre alla società americana, i fondatori della Occi sono il Centro internazio­nale per lo studio della radicalizz­azione e la violenza (Icsr presso il King’s College di Londra), il britannico Institute for strategic dialogue e la tedesca Amadeu Antonio Stiftung. Tutto nasce dalle critiche che da alcuni mesi in Germania vengono rivolte a Facebook, accusata di non prestare abbastanza attenzione ai messaggi razzisti, violenti e xenofobi che compaiono sulle sue pagine. E di non essere abbastanza rapida nel cancellarl­e, nonostante il suo codice etico lo preveda. Lo scorso novembre, la magistratu­ra di Amburgo aveva aperto un’indagine contro quattro manager tedeschi di Facebook, sospettati di non avere agito con diligenza e velocità nel cancellare simboli nazisti e scritte di incitament­o all’odio. In dicembre, il ministro della Giustizia tedesco Heiko Maas aveva poi annunciato un accordo con Facebook, Twitter e Google in base al quale questi giganti del web si impegnavan­o a rimuovere i contenuti illegali nel giro di 24 ore. L’iniziativa lanciata ora da Sheryl Sandberg vorrebbe andare oltre e sostenere tutte quelle iniziative e quegli studi che aiutano a eliminare dalla rete i post che incitano all’odio. La questione è molto sentita in Germania, in particolar­e dopo le violenze di capodanno alla stazione di Colonia che hanno provocato reazioni in alcuni casi brutali contro i rifugiati (in quanto tali, non i molestator­i e i ladri di quella notte). Le autorità cercano di evitare che si stabilisca un circuito pericoloso di violenza. Per i social network si tratta di adattarsi alle diverse normative, in Europa spesso diverse da quelle americane: in Germania, per esempio, la negazione dell’Olocausto è un reato penale, negli Stati Uniti invece è parte della libertà di espression­e.

@danilotain­o

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