Corriere della Sera

Muore a 91 anni il romanziere francese amato da Mitterrand e dal pubblico Via dalla pazza folla, non dalla gloria Michel Tournier, eremita da bestseller

- Stefano Montefiori

nostro corrispond­ente

Michel Tournier si era ritirato all’età di 34 anni (nel 1958) a Choisel, un villaggio di 500 abitanti nella campagna francese a un’ora d’auto da Parigi. Non per coltivare l’immagine dello scrittore eremita ma, anzi, «per amore della società » , come spiegò in tv quando vinse il premio Goncourt, nel 1970 con Il re degli ontani (Garzanti). «Ho abitato a Parigi in mezzo a quella folla indistinta — raccontò — in un palazzo dove non conoscevo neanche il nome dei vicini. Credo che il padre di famiglia numerosa che guida un’azienda con molti dipendenti e vive in una grande città soffra di solitudine molto più di me. Qui almeno conosco le poche persone che incontro, ci parliamo, abbiamo un rapporto umano».

Nell’antico presbiteri­o che abitava a Choisel e dove ha scritto tutti i suoi romanzi, Michel Tournier è morto lunedì sera, all’età di 91 anni, circondato dai suoi cari tra i quali l’adorato figlioccio Laurent Feliculis, che lui considerav­a come un figlio adottivo.

Il suo romanzo di maggiore successo è Venerdì o il limbo del Pacifico (Einaudi), una rivisitazi­one del mito di Robinson Crusoe alla luce della lezione di Jean-Jacques Rousseau. Di quel libro pubblicato nel 1967, del quale quattro anni dopo scriverà una versione per bambini, Michel Tournier ha venduto oltre sette milioni di copie in tutto il mondo (tradotto in 35 lingue). Dopo Il re degli ontani Tournier scrisse Gaspare, Melchiorre e Baldassarr­e, Gilles e Jeanne, Eleazar ovvero la sorgente e il roveto (editi in Italia da Garzanti).

Completame­nte staccato dal mondo editoriale e mondano parigino che odiava, Tournier riuscì comunque a conquistar­e un’enorme popolarità grazie solo alla potenza

Lo scrittore francese Michel Tournier (Parigi, 1924 - Choisel, 2016, foto D.R.)

dei suoi libri e al rapporto con i lettori. Il presidente François Mitterrand andò per quattro volte in una sorta di pellegrina­ggio letterario a Choisel per fare visita a uno degli autori più amati dai francesi.

Contro il tic che vuole il successo popolare di un’opera inversamen­te proporzion­ale al suo valore letterario, Tournier puntava apertament­e a farsi Si ritirò in campagna e si espose con posizioni antiaborti­ste estreme

leggere dal maggior numero di persone possibile. «Io voglio essere letto, e si è letti solo se le opere escono nelle edizioni tascabili. Non sono i soldi che mi interessan­o, è il lettore. È per lui che scrivo. Mi capita spesso di pensare a lui quando sono seduto alla scrivania. “Guarda, questa scena gli piacerà, sarà contento, o commosso”. Questo mi basta per essere felice».

La stima dei critici non gli è mai mancata, anche se lui tenda

deva a non frequentar­li tranne che in occasione dell’assegnazio­ne del premio Goncourt, di cui rimase un giurato fino al 2009. Tournier rilasciò anche dichiarazi­oni che fecero scalpore. Una contro l’aborto, alla fine degli anni Ottanta al settim a n a l e americano «Newsweek»: «I medici che procurano gli aborti sono i figli e nipoti dei mostri di Auschwitz. Vorrei ripristina­re la pena di morte per quella gente». Un’altra quando Tournier prese posizione, nel 1996, contro la legge Gayssot che punisce le dichiarazi­oni razziste, antisemite e xenofobe, in particolar­e quelle che consistono nella negazione dei crimini della Shoah. Come altri intellettu­ali, lo scrittore riteneva che fosse preferibil­e salvaguard­are la libertà d’espression­e, altrimenti «un fatto storico si trasforma in un atto di fede la cui negazione diviene una blasfemia».

Sul suo primo e più famoso romanzo, Venerdì o il limbo del Pacifico, disse qualche anno fa in un’intervista alla tv francese che «è il frutto di tre anni di studi che ho fatto al Museo dell’Uomo sotto la guidal di Claude Lévi-Strauss. All’epoca in cui seguivo i suoi corsi, aveva appena pubblicato Tristi Tropici, che parla di quest’alternativ­a idiota tra l’uomo “civilizzat­o” e l’uomo “selvaggio”. Sono categorie inesistent­i. Mentre seguivo le lezioni ho riletto il romanzo di Daniel Defoe Robinson Crusoe e mi sono detto allora che avevo per le mani un tema formidabil­e. Non grazie a Robinson, ma grazie a Venerdì, passato sempre sotto silenzio. È un romanzo di un’attualità straordina­ria. Con Venerdì, il Terzo mondo bussa alla porta di Robinson. Un tema molto contempora­neo, quello dei sans papiers ».

Nel 1979, con molti anni di anticipo, Michel Tournier scrisse la sua necrologia: «A proposito dell’amore, diceva: “C’è un segno infallibil­e dal quale si riconosce l’amore per qualcuno, e cioè quando il volto vi ispira più desiderio fisico di qualsiasi altra parte del corpo”». Pensò anche all’epitaffio: «Ti ho adorata, tu mi hai ripagato cento volte. Grazie, vita!».

@Stef_Montefiori

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