Renzi-Merkel, entrambi soli
La Germania sorpresa dagli attacchi italiani. Ma Fischer avverte Renzi: l’errore da evitare? Indebolire Merkel
Berlino è rimasta sorpresa degli attacchi di Roma. Fischer avverte il premier italiano: l’errore da evitare? Indebolire Merkel. I due sono soli: la potente cancelliera, sotto tiro perfino nella sua Cdu; e il giovane premier, le cui esternazioni sono state accolte da un silenzio tombale nella Ue.
dal nostro inviato
Questa volta, invece del solito Dostoevskij della bellezza che salverà il mondo, ad Angela Merkel che venerdì prossimo lo accoglierà a Berlino, Matteo Renzi dovrebbe citare il Quasimodo di «Ed è subito sera». Per ragioni diverse e opposte la solitudine sembra infatti accomunare entrambi, anche senza raggi di sole a trafiggerli: sta sola la potente cancelliera sul cuor dell’Europa e soprattutto in casa sua, sotto tiro perfino nelle file della sua Cdu che gli rimprovera una velleitaria generosità verso i rifugiati. E sta solo il premier sul cuor dell’Unione, dove un silenzio tombale ha accolto la sua rumoreggiante levata di scudi contro la Germania pigliatutto e la Commissione europea, che nella narrativa renziana ne è solo il fido scudiero.
Come viene percepita a Berlino, l’impennata polemica del presidente del Consiglio? Con quale Stimmung, stato d’animo, l’establishment tedesco si prepara a ricevere l’ospite che viene dal Sud, in un vertice che le cronache di questi giorni hanno caricato di significato e attese?
«Un’occasione importante per risolvere le divergenze», ha dichiarato il portavoce della cancelleria, Steffen Seibert, con intento palesemente distensivo. «Ciò che ci unisce è molto più importante di quello che ci divide — mi dice una fonte tedesca, amica da sempre dell’Italia — e spero che Renzi si ponga in un’ottica diversa da quella che è sembrato privilegiare di recente. Sul fondo ha ragione, però l’obiettivo della crescita e dell’occupazione non è un affare solo italiano, ma di tutta l’Europa. Cosa si può fare insieme? In che modo si può aiutare questa cancelliera? Sono piuttosto queste le domande da farsi».
Il che va al cuore di uno dei paradossi dell’attuale stato dell’Unione: se oggi in Europa è Matteo Renzi a dover chiedere delle cose, fossero la flessibilità di bilancio o il via libera alla «bad bank», dei due è probabilmente Angela Merkel ad aver più urgente bisogno di una mano d’aiuto.
A confermarlo è una fonte insospettabile, l’ex ministro degli Esteri Joschka Fischer, mente e cuore d’europeista a ventiquattro carati: «Io credo che Renzi stia sottovalutando il fattore di rischio politico implicito nella sua linea di critica alla Germania e alla cancelliera. Non nego che il premier italiano abbia delle buone ragioni per alzare la voce. Ma oggi attaccare pubblicamente Angela Merkel è pericoloso, in una situazione che la vede indebolita sul piano interno. Tanto più se lo fa uno dei grandi Paesi europei, che tradizionalmente ha sempre avuto forti convergenze con la Germania. Se poi a motivare l’attacco di Renzi sono anche ragioni di politica interna, non sono sicuro che questo non finisca per avvantaggiare i partiti populisti in Italia». Consiglio di Fischer al presidente del Consiglio: «Pensare di poter approfittare delle difficoltà della cancelliera è una tentazione da evitare. Bisognerebbe avere un approccio più costruttivo. Altrimenti significherebbe dare una mano ai suoi avversari in Germania, cioè all’onda antieuropea. E invece io penso che oggi per l’Europa Angela Merkel sia indispensabile». Fischer fa una pausa, poi lo ripete: «Proprio così: indispensabile».
Non è che a Berlino venga messo in dubbio il nocciolo duro dell’impegno europeo dell’Italia. Né si ha voglia di drammatizzare la situazione, dopo le puntute bordate di Renzi contro l’Unione telecomandata. «In generale con l’Italia sull’Europa l’intesa è buona — assicurano le fonti berlinesi — e divergenze su singoli dossier non stupiscono più di tanto. È normale dialettica tra partner. Con altri Paesi ce ne sono di più fondamentali». I punti di attrito però rimangono e Berlino non sembra disposta a troppe concessioni: la quota italiana dei 3 miliardi alla Turchia per i rifugiati che è bloccata, gli hot spot per registrare i profughi ancora non operativi, l’assicurazione comune sui Insieme Angela Merkel, 61 anni, con il premier italiano Matteo Renzi, 41, nel corso dell’ultima visita della cancelliera tedesca in Italia, nel corso dell’Expo di Milano. Venerdì prossimo, Renzi incontrerà Merkel a Berlino in un vertice a due che dovrebbe aiutare a sopire le recenti polemiche tra Italia e Germania nel contesto europeo ( Ansa) depositi bancari che Berlino subordina alla definizione di standard precisi sul rischio dei titoli di Stato.
Analisti ed esperti parlano anche di «sorpresa» nelle stanze del potere tedesco, di fronte al carattere «estemporaneo» di alcune iniziative. E ricordano il caso della Russia, dove da un lato l’Italia ha preso tempo sul rinnovo delle sanzioni, pur sapendo che era inevitabile, dall’altro ha lanciato l’attacco contro il gasdotto Nord Stream, che l’ha schiacciata sul fronte dei Paesi antirussi, lontanissimo dalla sua linea tradizionale: «Le due cose sono in palese contraddizione, non si incastrano fra di loro». Spiegano ancora le fonti berlinesi: «Il governo tedesco non è indifferente a come la sua politica europea viene percepita in Europa. Nessuno vuole che si traduca in un onere per gli alleati, tanto più nel caso dell’Italia».
Da incontri e conversazioni emerge però un altro tipo di obiezione verso il nostro Paese, argomento che va oltre l’orizzonte comunitario e si allarga ad abbracciare l’azione internazionale dell’Italia. È una
Divergenze
I punti di attrito rimangono e Berlino non sembra disposta a troppe concessioni. Tuttavia, dei due leader, è la cancelliera quella al momento più in discussione
sorta di perplessità di fronte a quello che viene definito un «insufficiente impegno» su alcuni temi cruciali di politica estera. «A parte la Libia, dove il contributo italiano è stato ed è importante, l’Italia manca in questa fase su dossier nei quali la Germania non chiederebbe di meglio che averla al fianco». Le fonti citano la Tunisia, le crisi dell’Africa subsahariana e soprattutto i Balcani «che negli anni Novanta furono un pilastro della politica estera italiana». In Kosovo, Bosnia-Erzegovina e Repubblica di Macedonia bollono emergenze potenzialmente gravi: «C’è la Germania, c’è la Russia, c’è perfino l’Austria, ma dell’Italia non vediamo molto in termini di iniziative, proposte, documenti». Anche sulla Nato, si nota una certa assenza: «Berlino — spiega un analista berlinese — auspicherebbe più impegno dall’Italia in vista del vertice di Varsavia, affinché non sia solo un vertice della deterrenza, ma anche dell’ingaggio verso la Russia».
Eppure, sul fondo, il pregiudizio positivo della Germania verso l’Italia rimane integro anche nell’era delle infuriate di Renzi e dei nodi irrisolti. C’è attesa per l’incontro dei 6 Paesi fondatori della Ue, convocato da Paolo Gentiloni a Roma in febbraio: «Ci piacerebbe non fosse solo l’occasione per celebrare i 60 anni del Trattato». Ma già prima, nella bruma berlinese, la reciproca solitudine di due leader potrebbe risolversi nella riscoperta di interessi e vocazioni comuni.
(1 - continua)