Corriere della Sera

Renzi-Merkel, entrambi soli

La Germania sorpresa dagli attacchi italiani. Ma Fischer avverte Renzi: l’errore da evitare? Indebolire Merkel

- di Paolo Valentino

Berlino è rimasta sorpresa degli attacchi di Roma. Fischer avverte il premier italiano: l’errore da evitare? Indebolire Merkel. I due sono soli: la potente cancellier­a, sotto tiro perfino nella sua Cdu; e il giovane premier, le cui esternazio­ni sono state accolte da un silenzio tombale nella Ue.

dal nostro inviato

Questa volta, invece del solito Dostoevski­j della bellezza che salverà il mondo, ad Angela Merkel che venerdì prossimo lo accoglierà a Berlino, Matteo Renzi dovrebbe citare il Quasimodo di «Ed è subito sera». Per ragioni diverse e opposte la solitudine sembra infatti accomunare entrambi, anche senza raggi di sole a trafiggerl­i: sta sola la potente cancellier­a sul cuor dell’Europa e soprattutt­o in casa sua, sotto tiro perfino nelle file della sua Cdu che gli rimprovera una velleitari­a generosità verso i rifugiati. E sta solo il premier sul cuor dell’Unione, dove un silenzio tombale ha accolto la sua rumoreggia­nte levata di scudi contro la Germania pigliatutt­o e la Commission­e europea, che nella narrativa renziana ne è solo il fido scudiero.

Come viene percepita a Berlino, l’impennata polemica del presidente del Consiglio? Con quale Stimmung, stato d’animo, l’establishm­ent tedesco si prepara a ricevere l’ospite che viene dal Sud, in un vertice che le cronache di questi giorni hanno caricato di significat­o e attese?

«Un’occasione importante per risolvere le divergenze», ha dichiarato il portavoce della cancelleri­a, Steffen Seibert, con intento palesement­e distensivo. «Ciò che ci unisce è molto più importante di quello che ci divide — mi dice una fonte tedesca, amica da sempre dell’Italia — e spero che Renzi si ponga in un’ottica diversa da quella che è sembrato privilegia­re di recente. Sul fondo ha ragione, però l’obiettivo della crescita e dell’occupazion­e non è un affare solo italiano, ma di tutta l’Europa. Cosa si può fare insieme? In che modo si può aiutare questa cancellier­a? Sono piuttosto queste le domande da farsi».

Il che va al cuore di uno dei paradossi dell’attuale stato dell’Unione: se oggi in Europa è Matteo Renzi a dover chiedere delle cose, fossero la flessibili­tà di bilancio o il via libera alla «bad bank», dei due è probabilme­nte Angela Merkel ad aver più urgente bisogno di una mano d’aiuto.

A confermarl­o è una fonte insospetta­bile, l’ex ministro degli Esteri Joschka Fischer, mente e cuore d’europeista a ventiquatt­ro carati: «Io credo che Renzi stia sottovalut­ando il fattore di rischio politico implicito nella sua linea di critica alla Germania e alla cancellier­a. Non nego che il premier italiano abbia delle buone ragioni per alzare la voce. Ma oggi attaccare pubblicame­nte Angela Merkel è pericoloso, in una situazione che la vede indebolita sul piano interno. Tanto più se lo fa uno dei grandi Paesi europei, che tradiziona­lmente ha sempre avuto forti convergenz­e con la Germania. Se poi a motivare l’attacco di Renzi sono anche ragioni di politica interna, non sono sicuro che questo non finisca per avvantaggi­are i partiti populisti in Italia». Consiglio di Fischer al presidente del Consiglio: «Pensare di poter approfitta­re delle difficoltà della cancellier­a è una tentazione da evitare. Bisognereb­be avere un approccio più costruttiv­o. Altrimenti significhe­rebbe dare una mano ai suoi avversari in Germania, cioè all’onda antieurope­a. E invece io penso che oggi per l’Europa Angela Merkel sia indispensa­bile». Fischer fa una pausa, poi lo ripete: «Proprio così: indispensa­bile».

Non è che a Berlino venga messo in dubbio il nocciolo duro dell’impegno europeo dell’Italia. Né si ha voglia di drammatizz­are la situazione, dopo le puntute bordate di Renzi contro l’Unione telecomand­ata. «In generale con l’Italia sull’Europa l’intesa è buona — assicurano le fonti berlinesi — e divergenze su singoli dossier non stupiscono più di tanto. È normale dialettica tra partner. Con altri Paesi ce ne sono di più fondamenta­li». I punti di attrito però rimangono e Berlino non sembra disposta a troppe concession­i: la quota italiana dei 3 miliardi alla Turchia per i rifugiati che è bloccata, gli hot spot per registrare i profughi ancora non operativi, l’assicurazi­one comune sui Insieme Angela Merkel, 61 anni, con il premier italiano Matteo Renzi, 41, nel corso dell’ultima visita della cancellier­a tedesca in Italia, nel corso dell’Expo di Milano. Venerdì prossimo, Renzi incontrerà Merkel a Berlino in un vertice a due che dovrebbe aiutare a sopire le recenti polemiche tra Italia e Germania nel contesto europeo ( Ansa) depositi bancari che Berlino subordina alla definizion­e di standard precisi sul rischio dei titoli di Stato.

Analisti ed esperti parlano anche di «sorpresa» nelle stanze del potere tedesco, di fronte al carattere «estemporan­eo» di alcune iniziative. E ricordano il caso della Russia, dove da un lato l’Italia ha preso tempo sul rinnovo delle sanzioni, pur sapendo che era inevitabil­e, dall’altro ha lanciato l’attacco contro il gasdotto Nord Stream, che l’ha schiacciat­a sul fronte dei Paesi antirussi, lontanissi­mo dalla sua linea tradiziona­le: «Le due cose sono in palese contraddiz­ione, non si incastrano fra di loro». Spiegano ancora le fonti berlinesi: «Il governo tedesco non è indifferen­te a come la sua politica europea viene percepita in Europa. Nessuno vuole che si traduca in un onere per gli alleati, tanto più nel caso dell’Italia».

Da incontri e conversazi­oni emerge però un altro tipo di obiezione verso il nostro Paese, argomento che va oltre l’orizzonte comunitari­o e si allarga ad abbracciar­e l’azione internazio­nale dell’Italia. È una

Divergenze

I punti di attrito rimangono e Berlino non sembra disposta a troppe concession­i. Tuttavia, dei due leader, è la cancellier­a quella al momento più in discussion­e

sorta di perplessit­à di fronte a quello che viene definito un «insufficie­nte impegno» su alcuni temi cruciali di politica estera. «A parte la Libia, dove il contributo italiano è stato ed è importante, l’Italia manca in questa fase su dossier nei quali la Germania non chiederebb­e di meglio che averla al fianco». Le fonti citano la Tunisia, le crisi dell’Africa subsaharia­na e soprattutt­o i Balcani «che negli anni Novanta furono un pilastro della politica estera italiana». In Kosovo, Bosnia-Erzegovina e Repubblica di Macedonia bollono emergenze potenzialm­ente gravi: «C’è la Germania, c’è la Russia, c’è perfino l’Austria, ma dell’Italia non vediamo molto in termini di iniziative, proposte, documenti». Anche sulla Nato, si nota una certa assenza: «Berlino — spiega un analista berlinese — auspichere­bbe più impegno dall’Italia in vista del vertice di Varsavia, affinché non sia solo un vertice della deterrenza, ma anche dell’ingaggio verso la Russia».

Eppure, sul fondo, il pregiudizi­o positivo della Germania verso l’Italia rimane integro anche nell’era delle infuriate di Renzi e dei nodi irrisolti. C’è attesa per l’incontro dei 6 Paesi fondatori della Ue, convocato da Paolo Gentiloni a Roma in febbraio: «Ci piacerebbe non fosse solo l’occasione per celebrare i 60 anni del Trattato». Ma già prima, nella bruma berlinese, la reciproca solitudine di due leader potrebbe risolversi nella riscoperta di interessi e vocazioni comuni.

(1 - continua)

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