Corriere della Sera

Il costume da profugo e la gaffe di Amazon

- Di Paolo Di Stefano

Bisognereb­be che imparassim­o a usare opportunam­ente le parole in relazione al contesto. Oggi, purtroppo, il termine «profugo» si sa bene quale colossale tragedia evochi. Tanto più se viene accostata all’immagine di un bambino e di una bambina. Dunque, in tempi in cui l’odissea dei migranti produce centinaia di migliaia di morti, smerciare per Carnevale costumi da profugo e proporli su Amazon Moda è una scelta priva non solo di buon gusto ma di sensibilit­à umana (oltre che sociolingu­istica). Certo, è vero che i due bambini-testimonia­l della dissennata iniziativa commercial­e appaiono più come degli emigranti del secolo scorso, nella tipica iconografi­a cinematogr­afica «C’era una volta in America», valigia di cartone alla mano e berretto in testa: rappresent­azione ben diversa dalla realtà attuale, dove il senso di morte è invisibile solo per chi non lo vuol vedere. Ma maschera+profugo+bambino appare come un’associazio­ne triplament­e increscios­a anche per la gioiosa (e cinica) macchina pubblicita­ria, che continua ad abusare dell’immagine infantile (il casting di bambini dovrebbe essere un ossimoro inaccettab­ile). Per questo ha fatto bene Amazon, dopo la valanga di appelli «politicame­nte corretti» (compreso quello del responsabi­le Immigrazio­ne della Caritas Italiana Oliviero Forti), a rimuovere quella scheda commercial­e. Che portava un altro indicatore di pessimo gusto, e cioè la didascalia segnaletic­a «Weltkrieg», come se anche la prima o la seconda guerra mondiale potessero essere oggetto di scherno carnevales­co.

Purché si rida. E ridendo, si venda.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy