Corriere della Sera

La nuova vita di Bondi-Repetti coppia d’assalto verdiniana E subito partono le polemiche

- di Tommaso Labate

«L’unica cosa che avevo chiesto era di essere dimenticat­o, di essere lasciato in pace. Lo sa, no? Io a fine legislatur­a lascio tutto e vado via… Loro non vogliono lasciarmi in pace? Mi va bene anche questo. Ma a nessuno, né a un senatore che non conosco né tantomeno alla famiglia Berlusconi, consento di affiancare il mio nome a una bustarella. A nessu-no. Nella vita mi rimane soltanto la mia onestà. E quella, se permettete, la difenderò in qualunque sede». Impossibil­e arrestare Sandro Bondi. Impossibil­e interrompe­re lo sfogo con cui ieri sera, poco prima dell’ora di cena, l’ex coordinato­re di Forza Italia – oggi fresco di passaggio al gruppo verdiniano di Ala – replica alla foto scattata dal senatore leghista Stefano Candiani sul suo banco in Senato e pubblicata ieri dal Giornale. L’istantanea ritrae una busta con dei calcoli – che evidenteme­nte rimandavan­o al peso che avrebbero avuto i verdiniani sul voto per la riforma della Costituzio­ne – attribuiti a Bondi. Che però nega. «Io non ho mai scritto nulla. Quel foglio, o busta, non è mio. Chiunque mi conosca sa che quella non è la mia scrittura».

Che la foto del senatore Candiani avesse rovinato il sabato pomeriggio della famiglia Bondi-Repetti lo si era capito già dalle 18. Quando la voce della senatrice, tormentata già dal tono, rispondeva alle domande con un «povero Sandro, ci è rimasto malissimo, è da stamattina che pensa a quell’articolo del Giornale ea quella foto…». Poi una pausa («Sandroooo, mi giri quella nota che hai preparato per le agenzie di stampa? » ) . Poi un’altra pausa («Ma vuoi venire tu, a parlare al telefono?»). Quindi il colpo di scena. «Aspetti che le passo Sandro. Vuole parlarle…».

È quello il momento esatto da cui Bondi — che era arrivato alla corte di Arcore nei primi anni Novanta (accompagna­ndo lo scultore Pietro Cascella) ed era stato arruolato nell’esercito berlusconi­ano col compito di rispondere alle lettere che ammiratori e ammiratric­i spedivano a Berlusconi (le firmava, ovviamente, «S. B.») — dà il «la» a quell’arringa autodifens­iva che, ironia del destino, riguarda la sua grafia. «Quella busta non è mia, anche se è stata fotografat­a sul mio scranno. E quella scrittura non è mia. Chiederò al presidente Grasso di istituire un giurì d’onore a tutela della mia onestà, l’ultima cosa che mi è rimasta».

Incidenti di percorso a parte, la vita della coppia BondiRepet­ti nel nuovo gruppo verdiniano procede serena e tranquilla. E non soltanto perché loro due, «Sandro» e «Denis» (entrambi nati a Fivizzano), si conoscono da una vita. Ma anche perché, a Bondi, i nuovi compagni di avventura riconoscon­o delle qualità che danno un valore aggiunto al gruppo Ala. Così Vincenzo D’Anna, una delle teste d’uovo della pattuglia verdiniana: «Bondi è un’anima nobile. Non lo ritengo capace di essere sleale e scorretto proprio perché, come pochissimi altri senatori, si vede che ha fatto delle belle letture. L’altro giorno, per esempio, parlavo col collega Azzollini di un libro di Esiodo. Attorno a noi c’era gente che manco sapeva chi fosse, Esiodo… Sandro no, Sandro lo sa chi è Esiodo. È un uomo di grande cultura». Dicono che Bondi non si dimetta dal gruppo perché due voti (il suo e quello della compagna Repetti) siano meglio di uno. E che possano servire entrambi, in tempi di vacche magre. Prima di aderire al gruppo Ala, pare che Bondi abbia chiesto a Verdini di mantenere una promessa: «Io andrò via dalla politica ma Manuela vorrà rimanere in Parlamento». E che quell’altro gli abbia risposto sì. Con un cenno della testa.

La foto «rubata» Il senatore: «La busta con i calcoli sulla tenuta del governo non è mia, ora un Giurì d’onore» Manuela resterà, ma io a fine legislatur­a lascio tutto Non mi lasciano in pace. A nessuno, né a un senatore né alla famiglia Berlusconi consento di affiancare il mio nome a una bustarella

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