Corriere della Sera

Generazion­i contro: e su Colonia le femministe si trovano su fronti opposti

- Elena Tebano

Alla distanza di un braccio, ma infinitame­nte lontane: le aggression­i di Capodanno a Colonia hanno fatto emergere il distacco ormai definitivo tra le due anime del femminismo tedesco. Quello più tradiziona­le, incarnato da Alice Schwarzer, 73 anni — fondatrice del magazine Emma e prima ancora allieva di Foucault a Parigi ed amica di Simone de Beauvoir — e le nuove femministe «pop», tecnologic­he e multicultu­rali che si sono formate su Internet invece che nei gruppi di autocoscie­nza. E hanno il loro punto di riferiment­o nella 35enne esperta di nuovi media Anne Wizorek. L’ha certificat­o il colloquio organizzat­o da Der Spiegel in cui le due si sono salutate appena — nota il settimanal­e — per poi rimanere freddament­e «alla distanza di un braccio» (la stessa che all’indomani degli attacchi la sindaca di Colonia aveva infeliceme­nte suggerito alle donne di mantenere rispetto a potenziali Distanti A sinistra, Alice Schwarzer, 73 anni, storica femminista tedesca. A destra, Anne Wizorek, 35, femminista «moderna»

aggressori). Il punto di deflagrazi­one è il senso dei «fatti di Capodanno». Secondo Schwarzer il problema principale è che «negli ultimi decenni sono arrivati da noi milioni di uomini provenient­i da un contesto culturale in cui le donne sono totalmente prive di diritti umani». Wizorek, nata nell’ex Ddr e diventata femminista leggendo le attiviste americane in Rete (con le loro riflession­i sul razzismo), è invece una delle promotrici del manifesto «#Senzaeccez­ioni» che invita a non criminaliz­zare tutti i migranti dopo Colonia. «È dannoso che il femminismo venga sfruttato da estremisti per prendersel­a con certi gruppi della popolazion­e, come sta succedendo nell’attuale dibattito — vi si legge —. È sbagliato discutere di violenza solo quando gli aggressori sono percepiti com gli “altri”: musulmani, arabi, neri, o nordafrica­ni, in breve tutti coloro che sono considerat­i “nontedesch­i” dai populisti di destra». Schwarzer le ha replicato che l’antirazzis­mo è diventato oggi quello che negli Anni 70 era «la lotta di classe» e cioè «l’argomento principale contro il femminismo» perché viene considerat­o come l’origine di tutti i mali e impedisce di affrontare altre diseguagli­anze. È un punto importante, ma da solo non basta. Le aggression­i di Capodanno sono diventate così esplosive perché hanno dato corpo a un fantasma ben radicato: la paura degli uomini scuri che «stuprano le nostre donne», agitata già negli anni 40 dalla propaganda fascista e rimasta nel nostro inconscio collettivo. Per questo è facilissim­o ridurre tutto a un «noi contro loro» che non aiuta nessuno. Al contempo il sessismo conta, eccome, in quello che è successo: proprio perché è ubiquitari­o in ogni società, ma alcune (come quella tedesca) l’hanno affrontato anche grazie alle lotte femministe, mentre altre lo hanno istituzion­alizzato. Contano però anche le differenze sociali: gli aggressori di Capodanno erano uomini soli e spesso isolati, poveri e senza prospettiv­e rispetto alle donne che hanno aggredito. Forse in quelle violenze c’era anche un fatale senso di rivalsa. Non può essere una giustifica­zione, ma se vogliamo impedire che i fatti di Colonia si ripetano vanno compresi come il risultato di tre piani: violenza di genere, differenza culturali e di classe. Affrontarn­e uno solo non è sufficient­e.

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