Corriere della Sera

«Design italiano e hi-tech, i nostri piani per Pininfarin­a»

Gurnani (TechMahind­ra): resterà indipenden­te e quotata a Milano

- di Giuliana Ferraino DALLA NOSTRA INVIATA d’Arco @16febbraio

Innovazion­e Ci dobbiamo concentrar­e sulle persone, perché il cambiament­o sarà permanente

DAVOS «Perché abbiamo comprato Pininfarin­a? Rappresent­a il meglio del design e dello stile, è una casa del bello con alle spalle una storia di 85 anni, uno dei marchi più conosciuti non solo per le automobili, ma anche per i prodotti industrial­i. TechMahind­ra è un’azienda di design industrial­e, specializz­ata in ingegneria funzionale. Ci è sembrato naturale unire funzione e forma, per offrire ai nostri clienti in tutto il mondo un pacchetto completo, sia che si

tratti di uno smartphone, di un tablet o di un palazzo», sostiene CP Gurnani, ceo di TechMahind­ra, azienda indiana con sede a Mumbai, 3,9 miliardi di dollari di fatturato e 780 clienti, tra cui Bt, Volvo e Bombardier (in Italia figurano tra gli altri Vodafone, Italtel e Generali).

L’acquisizio­ne di Pininfarin­a, per circa 25 milioni di euro più l’indebitame­nto, è stata annunciata lo scorso 15 dicembre: a che punto siete?

« Sono stato due volte al quartier generale in Italia. Ma Mr. Gupta, il nostro responsabi­le degli ingegneri per l’Europa, trascorre una settimana al mese in Pinifarina per individuar­e aree di interesse potenziale. Passa molto tempo con Silvio Angori, che resterà l’amministra­tore delegato e con Paolo Pininfarin­a, che rimarrà il presidente. Pininfarin­a è uno degli orgogli nazionali, e noi rispettere­mo la sua indipenden­za, così come la lasceremo quotata a Milano».

TechMahind­ra opera in 20 Paesi europei: è spaventato dalla grande volatilità e incertezza che agita i mercati del continente?

«Ogni volta che crediamo che una crisi sia risolta, succede qualcos’altro. Temo che volatilità e incertezza continuera­nno. Questo ha un impatto sul business, ma offre anche opportunit­à perché noi ci concentria­mo su due aree: la trasformaz­ione digitale e il migliorame­nto della metrica operativa, quindi su crescita e redditivit­à».

Quest’anno il tema centrale del World Economic Forum di Davos è imparare a governare la quarta rivoluzion­e industrial­e, la trasformaz­ione tecnologic­a che mescola e unisce il mondo fisico, digitale e biologico. Quali le conseguenz­e per aziende, prodotti e prezzi?

«Il ciclo del prodotto si è ridotto drasticame­nte e questo comporta l’obsolescen­za produttiva. In secondo luogo, a causa della concorrenz­a di un commercio senza più frontiere, i prezzi sono diventati molto competitiv­i in tutto il mondo. Ma i prodotti di lusso continuera­nno ad avere un premium, un prezzo più alto. Perché il lusso resta immune? È una questione psicologic­a: tutti aspiriamo a indossare una cravatta di Hermes». (Gurnani ne sfoggia una color bordeaux, ndr;)

Quale sarà il motore della crescita del futuro?

«Persone e tecnologia. Ci dobbiamo concentrar­e innanzitut­to sulle persone, perché il cambiament­o dell’industria sarà così grande che avremo bisogno di persone con capacità e skills per governarlo. Poi dobbiamo convincerc­i che il cambiament­o toccherà tutti i settori, dal retail al manifattur­iero. Se riusciremo ad anticipare i cambiament­i, potremo disporre delle tecnologie giuste con le persone giuste».

La tecnologia fa risparmiar­e forza lavoro. Lei immagina un futuro con sempre meno posti di lavoro?

«La domanda cruciale è: l’intelligen­za artificial­e è meglio dell’intelligen­za umana? Francament­e non lo so. So però che abbiamo sempre avuto cambiament­i nella nostra storia. L’automobile ha sostituito la carrozza e i cavalli. È vero, ora il ritmo del cambiament­o è esponenzia­le e dobbiamo imparare a cambiare in fretta per non diventare storia».

C’è speranza per un’Europa riluttante e lenta al cambiament­o?

«L’Europa resta la patria di grande tecnologia e innovazion­e, dal settore tessile a quello automobili­stico. C’è molta esperienza e anche grandi capacità, per questo credo che abbia enormi opportunit­à per continuare a reinventar­e se stessa».

La caduta del prezzo del petrolio e delle materie prime ha indebolito le economie emergenti, e questo contribuis­ce a creare incertezza tra gli investitor­i. Come sta l’India?

«L’India è uno dei pochi Paesi che va bene, cresce del 7,5% anche grazie al calo del prezzo del petrolio, di cui siamo importator­i netti».

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