La battaglia navale tra Onorato e Grimaldi
Botta e risposta sulla composizione degli equipaggi, il caso extracomunitari
La battaglia navale ai giorni nostri si combatte con cannonate caricate a comunicati. A fronteggiarsi ormai da qualche mese sono gli armatori Vincenzo Onorato (Moby e Tirrenia) e Emanuele Grimaldi proprietario di Grimaldi Group e presidente di Confitarma, l’associazione di categoria. Onorato ha acquistato una pagina sui quotidiani accusando Confitarma di fare pressioni sul governo per l’estensione «di benefici fiscali italiani a tutte le bandiere comunitarie» anche a quelle che imbarcano marittimi extra-comunitari. Una politica – ha già sostenuto – che «porterà alla fine dell’armamento italiano in cinque anni» e che «va a colpire l’occupazione dei marittimi italiani». Nazionalità e contratti degli equipaggi (gli extra-comunitari sono pagati meno) sono questioni su cui l’armamento si accapiglia dagli anni Settanta. Emanuele Grimaldi ha reagito alle bordate di Onorato dandogli dell’ignorante: non è vero – ha risposto – che Confitarma fa pressione per l’estensione dei benefici fiscali a bandiere comunitarie, è vero invece che pressione la fa la commissione Ue. Quindi Grimaldi punta dritto su Onorato: la verità è che ha problemi a fronteggiare la concorrenza – dice – e si è dimenticato che quando Tirrenia era pubblica sparava a zero sullo statalismo nel cabotaggio. Non solo: Onorato si fregia di avere solo marittimi italiani nella sua flotta ma questo è un obbligo sui traffici di cabotaggio nazionale (è concesso imbarcare comunitari ma non extra-comunitari). Non è finita qui. Ieri il presidente della Moby ha contrattaccato: «L’affermazione del presidente Grimaldi è corretta e allora non so spiegarmi come mai su ben 29 sue navi sulle rotte nazionali italiane il 60 per cento del personale di bordo risulta essere extracomunitario». Lo scontro ormai è diventato personale. Difficile dire dove porterà. Forse in un’aula di Tribunale.