Nella grande partita in banca rientra l’opzione MontePaschi
I colloqui Bpm-Banco. I piani dell’Ubi. E quell’ipotesi (a tre) per Siena
Il Montepaschi è sempre più al centro del risiko bancario. Dopo le paurose oscillazioni in Borsa dei giorni scorsi e le dichiarazioni del premier Matteo Renzi, favorevole a una soluzione italiana («ma la migliore sarà quella che deciderà il mercato»), circolano con insistenza ipotesi che potrebbero vedere un’operazione definita di sistema, anche allargata a più istituti domestici.
Se i rumor, quando i titoli sono stati sotto pressione, riguardavano più un intervento estero (ma Santander venerdì e ieri Bnp Paribas hanno dichiarato di non voler commentare voci di mercato), nelle ultime ore sembra profilarsi l’ipotesi di un’operazione a tre fra Ubi, Bpm e Mps, che darebbe vita a uno dei principali gruppi bancari italiani. E siccome nei giorni scorsi sembrava molto vicina l’aggregazione fra Bpm e Banco Popolare, con un tentativo di rilancio mancato da parte di Ubi, altri scenari dipingono il possibile ritorno in campo anche della banca veronese a favore sempre di un triangolo con Bpm e Mps.
Monte dei Paschi ha un «valido piano industriale» e fondamentali molto buoni, ma non è mio compito» interferire nel processo di fusioni e acquisizioni», ha detto ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che martedì a Bruxelles incontrerà il commissario alla Concorrenza Ue Margrethe Vestager, alla vigilia dunque della riunione di governo sul cui tavolo ci saranno anche misure per alleggerire il peso delle sofferenze bancarie.
«Al consiglio dei ministri della prossima settimana ci sarà un insieme di misure relative al sistema bancario», ha detto ancora Padoan, spiegando che le misure dovrebbero comprendere «un’autoriforma del credito cooperativo» con l’aggregazione intorno a un gruppo simile al Crédit Agricole francese, e ulteriori misure per facilitare lo smaltimento dei crediti deteriorati.
Se comunque al centro del risiko c’è il Monte Paschi, che oggi capitalizza circa 2 miliardi contro i 3,6 di inizio anno, decisiva sembra la posizione dell’istituto che le ipotesi pongono come l’altro soggetto comune, cioè la Popolare di Milano,
sulla quale l’amministratore delegato Giuseppe Castagna è intervenuto con una operazione di pulizia riconosciuta dal mercato come molto severa ed efficace: il cosiddetto Texas ratio (cioè il rapporto fra crediti deteriorati netti e il patrimonio) è pari all’86,7% (sotto quota 100 è considerato positivo) e l’indice di copertura delle sofferenze è pari al 55%.
Insomma, le ipotesi vedono comunque perno proprio Bpm “banca sana”. L’istituto replica solo con un «no comment», ma Castagna sembra concentrato sull’operazione di aggregazione a due con il Banco Popolare, piuttosto avanzata, anche se pare restare valido l’interesse di Ubi.
Proprio Castagna, qualche tempo fa, parlando di aggregazioni fra banche popolari, ha detto che fusioni a tre sono «molto difficili». Certo, qui il quadro è diverso, visto che non si tratta di tre banche della stessa “categoria”, tuttavia una fusione nel credito a più di due soggetti è comunque da sempre considerata una missione pressoché impossibile. E un’operazione in due puntate, cioè con due aggregazioni successive, sembra richiedere tempi forse troppo lunghi in relazione alle urgenze che appaiono dettare un consolidamento che riguardi Siena.