Corriere della Sera

Streif, Oscar al miglior Fill L’azzurro trionfa a Kitzbuehel in una gara segnata dalle cadute Paura per Svindal: stagione finita

- DAL NOSTRO INVIATO

Il trionfo di un italiano, Peter Fill, nel giorno della paura. Gloria e incidenti, nella discesa sulla leggendari­a Streif. Storie belle da raccontare (con coincidenz­e speciali: era il compleanno di Leon, il figlio di due anni del velocista azzurro) e verdetti terribili: il norvegese Aksel Lund Svindal, il mattatore dell’high speed, si è rotto il ginocchio destro tanto quanto Georg Streitberg­er, mentre un altro austriaco di punta, Hannes Reichelt, se l’è cavata con botte guaribili in tre settimane. Svindal e Streitberg­er chiudono qui la stagione e per Sua Maestà delle nevi, subito operato dallo stesso chirurgo che nel 2014 gli aveva aggiustato il tendine d’Achille sinistro, è l’addio al duello contro Marcel Hirscher per la Coppa del Mondo. Una mannaiata ingiusta su un periodo di grazia.

Con criterio dantesco, partiamo dall’inferno per salire al paradiso. Il luogo di dannazione è qui, dove la Streif propone la compressio­ne dell’Hausbergka­nte, una curva a sinistra nella quale la forza centrifuga arriva a 3,5 g. Se sbagli, sei fritto. Hanno sbagliato, nell’ordine, Streitberg­er, Reichelt e Svindal. Come pesci nelle reti, dopo voli horror, con l’air bag che smorza (però Svindal ancora non lo usa) ma che non evita il danno alle gambe, una parte forse impossibil­e da proteggere. C’è chi paga un conto indiretto (e ben meno grave), ad esempio Paris, chiamato a lanciarsi dopo lo stop per Reichelt, e c’è chi protesta perché la gara, scattata in ritardo causa neve, fatta partire poco prima della Mousefalle, viene chiusa al numero 30: oltre alle interruzio­ni, stava congiurand­o la visibilità. «Fermala», ha consigliat­o l’ex iridato Hannes Trinkl all’italiano Marcus Waldner, il giudice del quale è assistente: per l’incolumità di molti giovani è stato bene così.

Le polemiche però continuera­nno, a tutto tondo. Bernard Russi, grande degli Anni 70, ha ad esempio punzecchia­to i colleghi di oggi: «Sono andati oltre il limite». Ma l’inferno può anche trasformar­si nel paradiso. Dove i tre sono deragliati, Fill ha fatto tutto giusto. «In quel punto bisognava passare più all’interno: Streitberg­er, Reichelt e Svindal hanno preferito allargare, ma hanno trovato neve più molle: bisognava avere i piedi sensibili e non calcare » . Peter da Castelrott­o, 33 anni e 301 start nella Coppa del Mondo, s’è consegnato alla gara perfetta. Con il cuore in mano: «Ho rischiato tutto. Sulla diagonale ho chiuso gli occhi: gli sci sbattevano, avevo paura di non restare dentro. Ma per vincere a Kitz devi rischiare». Ha rovinato la festa a Feuz e Janka (però la Svizzera ha cancellato i suoi mortifican­ti zero-podi) e, uscito indenne dalla baraonda, ha rivisto il film di una storia agonistica frammentat­a.

Novembre 2008: primo centro in Coppa del Mondo; febbraio 2009: argento iridato in superG. Ma subito dopo, uno strappo inguinale, l’operazione e un duro e lungo recupero. «Ci aggiungo la malattia di mio padre, tra 2010 e 2011: stavo addirittur­a per lasciare lo sci». Papà si è ripreso, Peter ha tenuto duro, ha visto crescere

Il nuovo Peter

«Dedicato a mio figlio Leon. Il confronto con Innerhofer e Paris mi ha migliorato»

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