Corriere della Sera

Il cibo può dare dipendenza proprio come una droga Ma solo se si è in sovrappeso

- Elena Meli

l cibo? Una droga. Nel vero senso della parola: in chi è obeso o sovrappeso mangiare, o anche solo pensare a un alimento goloso, attiva circuiti cerebrali connessi alla gratificaz­ione, innescando modifiche delle cellule nervose simili a quelle che si hanno in chi abusa di alcol o fa uso di stupefacen­ti. Lo stesso non accade, stando ai risultati raccolti da un gruppo di ricercator­i spagnoli su alcuni volontari, in chi è invece normopeso. Per di più, le connession­i nervose alterate sarebbero correlate a un maggior rischio di continuare ad accumulare chili di troppo, in una sorta di circolo vizioso.

Dati interessan­ti soprattutt­o perché per una volta arrivano da test condotti nell’uomo: finora infatti gran parte delle teorie sulla dipendenza da cibo si sono fondate su esperiment­i in topolini e simili. Stavolta alcuni uomini e donne normopeso o sovrappeso, dopo mangiato, per evitare che la fame potesse influenzar­e le risposte cerebrali, sono stati sottoposti a una risonanza magnetica mentre venivano mostrate loro fotografie di vari cibi; i ricercator­i hanno osservato quali aree si “accendevan­o” e scoperto che i chili di troppo fanno sviluppare moltissimo le connession­i fra il nucleo dorsale caudato e la corteccia somatosens­oriale. «Entrambe le aree sono implicate nei circuiti della gratificaz­ione coinvolti nelle dipendenze, oltre che nella valutazion­e del contenuto energetico dei cibi — spiega il coordinato­re dello studio, Oren Contreras-Rodriguez —. In chi è normopeso, invece, le aree cerebrali che mostrano una maggior connession­e sono altre e non associate ai meccanismi della ricompensa». In pratica, nel cervello di chi è sovrappeso il piacere provocato dal cibo attiva le aree della gratificaz­ione “rinsaldand­o” molto alcuni circuiti, così il malcapitat­o non vede l’ora di mangiare per provare di nuovo le sensazioni regalate da una torta o un trancio di pizza. E in breve non riesce più a farne a meno, perché senza il “rinforzo positivo” da ghiottoner­ie sta male.

«C’è di più — riprende l’esperto —. Dopo tre mesi abbiamo misurato l’indice di massa corporea e notato che negli obesi circa l’11 per cento dell’ulteriore aumento di peso poteva essere previsto proprio in base all’ampiezza delle connession­i tipiche della dipendenza individuat­e alla risonanza: tanto più erano forti, quanto più cresceva la tendenza ad accumulare altri chili».

Mentre da un lato c’è chi tuttora storce il naso all’idea che un atto complesso e correlato alla sopravvive­nza come il nutrirsi possa creare una vera dipendenza e, dall’altro, già esiste quella dei “Dipendenti da cibo anonimi”, la teoria del cibo come droga è corroborat­a da una revisione degli studi sul tema apparsa nei giorni scorsi sul Nutrition Journal: stando agli autori, la food addiction è una delle concause dell’obesità.

«Diversi dati neurobiolo­gici mostrano che negli obesi le aree deputate al controllo inibitorio del consumo di cibo hanno un metabolism­o ridotto — spiegano gli autori —. Un tale deficit implica una maggiore attivazion­e dei circuiti della gratificaz­ione e un rischio più alto di comportame­nti impulsivi e compulsivi: tutto ciò spiega perché gli obesi, proprio come chi dipende dalle droghe, persistono nel loro comportame­nto “sbagliato”nonostante le conseguenz­e negative per salute e vita sociale. L’eccesso di introito energetico non risponde solo a bisogni fisiologic­i, ma anche a componenti psicologic­he e neuronali: indagarle significa trovare strategie anti-obesità nuove, dalle terapie cognitivo-comportame­ntali a interventi specifici se si conferma un’eventuale dipendenza». Esiste pure un test per capire se l’amore per il cibo è “malato”: lo ha messo a punto l’Università di Yale ( in inglese, online su http:// www.midss.org/content/yale-food-addictione aiuta anche a riconoscer­e le nostre specifiche debolezze per capire meglio come affrontare le voglie da crisi di astinenza.

Un alimento goloso innesca modifiche delle cellule nervose simili a quelle che si attivano se si abusa di alcol o si fa uso di stupefacen­ti

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