Generali, le domande sull’addio di Greco
GENERALI
Non accade tutti i giorni che il numero uno di una delle maggiori istituzioni finanziarie italiane lasci la sua posizione per andare a occupare analogo incarico in uno dei suoi concorrenti esteri. È accaduto con Mario Greco che ha comunicato nei giorni scorsi al presidente delle Generali, Gabriele Galateri, la sua «indisponibilità» ad accettare un nuovo mandato. Con successivo annuncio che il manager dal primo maggio passerà a guidare la Zurich, sofferente compagnia svizzera.
Nel nostro Paese, dove regna incontrastato il motto andreottiano: a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca, vicende del genere si colorano immediatamente di accenti e retroscena da melodramma. Insofferenza del manager a pur minime obiezioni nel consiglio d’amministrazione? Semplicemente il fatto che a fronte di un’offerta della società dalla quale proveniva Greco ha preferito il ritorno a casa? O viceversa, dopo 4 anni di tranquilla gestione delle Generali, improvvisa diversità di vedute tra un manager forte e soci che sono tra i maggiori attori della finanza e dell’industria italiana, da Mediobanca a De Agostini passando per Caltagirone e Del Vecchio?
Greco nella lettera spedita al presidente del gruppo ha accennato a divergenze sul ruolo del ceo, chief executive officer, vale a dire il numero uno. Ribadendole in un incontro ieri con gli analisti finanziari. Ma in serata le stesse Generali hanno specificato che «l’indisponibilità ad un altro mandato non è dipesa da nessun specifico contrasto, né conflitto con gli azionisti che, al contrario, in questi tre anni hanno sempre fornito pieno supporto alla strategia e alla sua esecuzione».
A sentire gli azionisti la soddisfazione era totale. E, se come spiega Greco, le trattative sul suo rinnovo andavano avanti da giugno, senza apparenti strappi, evidentemente qualcosa deve essere accaduto negli ultimi giorni di questo gennaio 2016. Ma che cosa?
«Una scelta di mercato», normale per un manager, come ha detto ieri Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca. Anche perché per i soci tutto ciò deve essere stata una sorpresa visto che per le Generali al momento gli azionisti non dispongono di una sostituzione immediata. Gli attestati di stima e di soddisfazione nella conduzione delle Generali da parte dei soci e segnatamente di Mediobanca, pubblicamente, cosa peraltro rara per Piazzetta Cuccia, si sono succeduti sino a pochi giorni fa.
I soci sono stati unanimi nell’incalzare Greco con offerte economiche arrivando a prospettare persino prolungamenti del mandato. La governance delle Generali poi, è considerata tra quelle top a livello internazionale negli ultimi anni. Il piano e i numeri di Greco sono stati più che apprezzati dal mercato e dagli azionisti. Il manager ha approntato strategie, ha costituito ex novo una squadra e una prima linea a Trieste con il consenso evidentemente degli azionisti.
A dire il vero, non si ricordava una calma così piatta sul fronte dei rapporti tra azionisti e management alle Generali, da tempo. E le divergenze? La statura professionale del manager in uscita, avrebbe dovuto far pensare semmai al contrario. E cioè che proprio la sua storia passata e recente sarebbe stata la maggiore garanzia per tutti gli azionisti di resistenza a forzature o invasioni di campo di chicchessia dannose per le Generali.
La calma piatta è durata però sino alla scorsa estate. Quando, prima le voci di possibili merger tra Generali e la più grande Zurich, poi quelle di un passaggio di Greco alla compagnia svizzera, hanno accesso un faro su Trieste. Sino all’epilogo. L’indisponibilità del manager, la scelta poi di approdare a una compagnia che, pur essendo in crisi, capitalizza un terzo di più circa di Generali. Tornare insomma sulla via di Zurigo. Un addio all’Italia; che il Paese merita?
daniele_manca