Corriere della Sera

Banca Marche, tre rinvii a giudizio

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allo studio fra Ubi, Bpm e Monte dei Paschi di Siena garantireb­be ciò che il governo oggi vuole al più presto: un porto sicuro per la banca toscana, terza in Italia per volume di impieghi di denaro, per dipendenti e numero di sportelli, ma prima per credito cattivo con oltre un quinto dei prestiti in difficoltà e ora anche colpita da un chiaro deflusso di depositi (anche se resta ben sopra ai minimi di liquidità consentiti). L’aggregazio­ne a tre con Ubi e Bpm darebbe luogo a una banca grande, poco maneggevol­e e relativame­nte solida. Ubi è la quinta banca italiana per sportelli e solo l’11% dei suoi prestiti presenta problemi (sotto la media fra le grandi banche). Popolare Milano è settima in Italia per sportelli e ha crediti cattivi, in proporzion­e, per poco meno di Ubi. Una fusione fra le due con l’innesto successivo di Mps produrrebb­e un’entità alla quale servirebbe molto lavoro prima di funzionare davvero. Debuttereb­be con più sportelli del campione nazionale

Gli sportelli In caso di integrazio­ne a tre nascerebbe il primo istituto d’Italia per sportelli, 4.400 Il concambio Il nodo del Banco Popolare e quell’ipotesi di concambio azionario con i 4 gruppi salvati

Intesa Sanpaolo (4.400 contro 4.300), ma con un volume di prestiti di meno della metà (230 miliardi contro i 474 di Intesa). La banca dovrebbe chiudere molte filiali e liberarsi di molto personale, una prospettiv­a quasi inevitabil­e nel settore del credito in Italia; in compenso, risolvereb­be il problema della fragilità di Mps. L’ipotetica nuova azienda nata dalle tre avrebbe crediti in sofferenza pari al 69% del patrimonio netto, cioè della differenza fra attivi e debiti. In altri termini, Ubi-Bpm-Mps nascerebbe giusto al limite considerat­o accettabil­e per i crediti malati in bilancio.

I dati dicono però anche che questa non è la sola soluzione possibile. Magari neppure la più facile, vista l’ostilità di Castagna di Bpm a perdere influenza personale in un’azienda più grande. Sulla carta esistono aggregazio­ni diverse che La Procura di Ancona ha chiesto il rinvio a giudizio per il buco miliardari­o di Banca Marche, dell’ex direttore generale Massimo Bianconi, dell’imprendito­re Vittorio Casale e di Davide Degennaro, presidente di Interporto Puglia, indagati per corruzione tra privati. L’udienza è fissata per il 1 marzo. Con l’avviso di chiusura indagini la Finanza aveva sequestrat­o beni per 15 milioni riconducib­ili ai tre indagati: 20 conti correnti, quote di società, due abitazioni a Bologna, una a Parma e due a Roma, tra cui una palazzina in via Archimede, ai Parioli, intestata a una società riconducib­ile a familiari di Bianconi.

accettabil­e. Dopo un aumento di capitale non troppo pesante, il matrimonio potrebbe in teoria funzionare. Consideraz­ioni simili valgono per una fusione a due fra Ubi e Mps: quasi gli stessi sportelli di Unicredit (3750), 200 miliardi di prestiti, e la prospettiv­a di un contenuto aumento di capitale per gestire i crediti inesigibil­i. Esiste poi un’altra ipotesi: un concambio azionario preliminar­e di Mps con le quattro «nuove banche» nate dal crac di Etruria, Marche, CariChieti e Carife; includendo poi anche Ubi, nascerebbe un’azienda sana con un patrimonio più robusto di Unicredit e terza in Italia per volumi di credito.

Comunque vada, una difficile mano di carte: oggi in Italia esistono pochi aggregator­i dalle spalle larghe, ma molti istituti fragili da assorbire sul mercato uno dopo l’altro: Carige, Credito Valtelline­se, Veneto Banca e Popolare di Vicenza saranno i prossimi. Sbagliare una mossa è vietato.

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