Corriere della Sera

Quei gruppi armati di estrema destra sottovalut­ati a lungo

- Di Massimo Gaggi

Gli Uomini Liberi del Montana, la Hutaree Militia in Michigan, gli Oath Keepers, i Three Percent dell’Idaho (gli americani che combattero­no per l’indipenden­za americana dalla corona britannica). Quello dei «Citizen for Constituti­onal Freedom», gli antigovern­ativi armati guidati da Ammon Bundy che il 2 gennaio avevano occupato una riserva federale in Oregon, non è un caso isolato. Gruppi di estrema destra che rivendican­o il diritto di ribellarsi anche con la forza al governo federale accusato di tirannia, negli Usa ce ne sono molti da decenni. Si moltiplica­no e diventano più aggressivi quando alla Casa Bianca c’è un democratic­o, finiscono sottotracc­ia durante le presidenze repubblica­ne. Il problema è diventato serio con la diffusione dei Patriots e con i Posse Comitatus sorti negli anni 70, durante la presidenza Carter. Negli anni di Bill Clinton la rivolta della setta dei Branch Davidians e l’assedio di Waco in Texas: 76 morti. Durante la presidenza Obama il numero dei «cowboy» ribelli è cresciuto: dai 42 del 2008 ai 334 del 2012. Incerto il numero degli affiliati (tra 20 e 60 mila). Nonostante ciò il governo ha sottovalut­ato gli allarmi. Ha smantellat­o l’ufficio del ministero dell’Interno che sorvegliav­a i movimenti estremisti e ha chiuso gli occhi davanti alla ribellione, due anni fa, di Cliven Bundy, il padre di Ammon, che portò le sue mandrie a pascolare su terreni federali e si rifiutò di pagare il dovuto. Quell’episodio, vissuto come un cedimento del governo, ha alimentato nuove sommosse che hanno costretto le autorità a porre un argine: impossibil­e continuare a combattere solo il terrorismo islamico fingendo di non vedere che le milizie di estrema destra hanno portato, in una decina d’anni, a 330 scontri a fuoco con 250 morti.

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