Corriere della Sera

«Noi bulgari? Vogliamo entrare in Schengen»

Il presidente Plevneliev in visita da Mattarella: «L’accordo è una pietra miliare europea»

- Di Maurizio Caprara

C’è anche chi continua a prefiggers­i di aderire all’accordo di Schengen mentre sei dei 26 Stati europei firmatari chiedono di smetterla, per due anni, con i viaggi senza passaporto. nell’area di libera circolazio­ne abitata da oltre 400 milioni di persone. «Schengen è uno dei migliori risultati dell’Unione Europea, una pietra miliare che definisce chi siamo. E non dobbiamo mettere in discussion­e chi siamo», dice Rosen Plevneliev, presidente della Bulgaria, Paese che rivendica di avere i requisiti per aggiungers­i al totale di 22 Stati dell’Ue e di quattro non dell’Ue aderenti all’accordo.

Mentre in Italia il lessico politico ricorre tuttora all’espression­e «unanimismo bulgaro», come se la dialettica politica a Sofia fosse irrigidita quanto quella tardo-bolscevica finita nel 1990, in Bulgaria oggi esistono otto formazioni politiche che rappresent­ano in tutto 47 partiti. Sommarietà ricorrenti consideran­o l’intero Est europeo allergico all’Unione Europea. In questa intervista al Corriere Plevneliev, uomo di centro-destra, ricevuto ieri al Quirinale dal presidente Sergio Mattarella, dimostra che anche il secondo luogo comune merita rettifica.

Perché conferma di voler far parte dello spazio di Schengen?

«Perché Schengen non è soltanto una direttiva, un’altra regola. È il sogno di tutti gli europei viaggiare nell’intera Europa senza passaporto. Quando i tempi sono difficili, e oggi lo sono, si ha bisogno di sapere chi si è e di continuare a sognare per pianificar­e il proprio futuro. In tempi difficili non devi seguire le tue paure, desistere, ma sapere chi sei e insistere nei tuoi progetti».

Che cos’è secondo lei l’Unione Europea?

«Non è soltanto un progetto per danaro, per miliardi di fondi e meccanismi su come gestirli. L’Unione Europea nacque da un’idea grande e unica dei padri fondatori, mai vista, sulle macerie del conflitto più devastante conosciuto dal mondo, la Seconda guerra mondiale. Non nacque per miopi interessi nazionali, bensì per raggiunger­e e salvaguard­are la pace. E c’è un unico modo per garantirla: quando la nazione raggiunge un tale livello di cooperazio­ne e integrazio­ne tra diversi Stati da rendere impossibil­e una futura guerra».

Invece sembrano in crescita i nazionalis­mi. Come li definirebb­e?

«Una minaccia, un pericolo per l’Europa unita. Un grande presidente europeo, il francese Charles De Gaulle, usava dire: patrioti sono quelli che amano il Paese, nazionalis­ti sono quelli che odiano i diversi. Intolleran­za, xenofobia, antisemiti­smo: ne abbiamo visti nella storia d’Europa. Hanno creato devastazio­ni e guerre. Nel XXI secolo abbiamo bisogno di nuove idee. Migliori».

Il suo Paese è in una posizione di frontiera tra Stati europei e Stati a maggioranz­a musulmana. Confina con la Grecia in crisi finanziari­a. Non è lontano dall’Ucraina, che ha avuto un conflitto non del tutto spento con ribelli legati alla Russia, né dalla Siria in piena guerra civile. Com’è il mondo di adesso se lo si guarda dalla Bulgaria?

«Nel mondo abbiamo un

numero record di crisi. Intorno a noi ci sono anche l’instabilit­à politica della Macedonia, un cambiament­o negli equilibri politici nel Mar Nero, nuove tensioni tra Russia e Turchia, tante guerre nelle vicinanze, ondate di immigrazio­ne e instabilit­à di ogni tipo. La Bulgaria gioca il suo ruolo importante, un Paese crocevia che sa chi siamo e dove andiamo: siamo per l’Europa».

Compattame­nte?

«Siamo il secondo Paese più europeista. Il primo è la Romania con l’84%, noi con l’82%. Sono gli ultimi sondaggi Gallup ».

Anche noi italiani siamo stati in buona posizione, poi la diffidenza è cresciuta.

«Teniamo conto delle lezioni della storia. Noi siamo uno Stato antico, però per secoli da soli eravamo sempre deboli, sottoposti ad attacchi e poveri. Per decenni siamo stati sotto la dittatura del Partito comunista, non eravamo liberi di viaggiare all’estero e non avevamo diritti umani. Venticinqu­e anni dopo, i bulgari sono liberi come non mai e da allora le dimensioni della nostra economia sono triplicate. Ancora non siamo ricchi, abbiamo ancora molto da fare. Ma la nostra economia è triplicata».

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