Corriere della Sera

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C’è un cortocircu­ito nella comunicazi­one ormonale tra fegato e intestino all’origine di alcune forme di epatocarci­noma che colpiscono i bambini. Lo ha dimostrato uno studio finanziato dall’Associazio­ne italiana per la ricerca sul cancro (Airc) che è stato pubblicato su Epathology e ripreso nel numero di questo mese della rivista Nature Drug Discovery. «Questi tumori si scatenano quando gli acidi biliari si accumulano nel fegato, perché la bile, indispensa­bile per la digestione, continua a essere prodotta anche quando non serve», spiega uno degli autori della ricerca, il professore dell’Università degli studi di Bari Antonio Moschetta, che ieri era a Milano per presentare la campagna «Le Arance della salute» (l’iniziativa dell’Airc che sabato porterà in 2.500 piazze italiane oltre quindicimi­la volontari per raccoglier­e fondi a sostegno della ricerca contro il cancro).

L’ipersecrez­ione di bile induce uno stato di stress tossico nel fegato che così sviluppa fibrosi. Queste possono poi trasformar­si in epatocarci­nomi, tumori al fegato. «Tutto ciò succede perché il fegato non “parla” più con l’intestino

Antonio Moschetta, 42 anni, originario di Bitonto, in Puglia, è ricercator­e dell’Airc e professore dell’Università di Bari

Nel 2014 ha vinto il Richard E. Weitzman Memorial Award della «Endocrine Society» statuniten­se, che premia gli scienziati under 50 più promettent­i

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