Corriere della Sera

È GIUSTO ALZARE LA VOCE PER UN’EUROPA SOLIDALE

- Di Andrea Orlando* Maurizio Martina** *Ministro della Giustizia **Ministro delle Politiche agricole

Caro direttore, fino a qualche anno fa i vertici europei erano preceduti dalla domanda sui passi, piccoli o grandi, che sarebbe stato possibile compiere, in vista della «federazion­e degli Stati nazionali», come recitava la formula di Jacques Delors. Oggi quella domanda sembra sia andata smarrita. C’è tanta Europa nella vita dei cittadini e degli Stati, ma spesso non se ne vede né il principio, né il senso, né la direzione. L’antica definizion­e di «gigante economico e nano politico» può anche non corrispond­ere alla realtà attuale, ma il senso di incompiute­zza del processo di integrazio­ne europea è più che mai evidente.

Le divergenze interne sulle strategie per uscire dalla crisi o per la gestione dell’emergenza economica rendono purtroppo debole l’orizzonte europeo. Il nostro governo è riuscito a vincere le resistenze dei partner europei sul dossier migrazioni. Ma il ritardo dell’impegno comunitari­o ci consegna una situazione ancora instabile e confusa. Ebbene, se non vogliamo essere complici della nascita di una «generazion­e apolide europea» — come ha scritto il Guardian — allora abbiamo l’obbligo di condurre senza esitazioni la battaglia per una politica comune in termini di immigrazio­ne e asilo.

Ma è anche sul rilancio dell’economia che l’Unione si sta giocando il suo futuro. La miopia delle politiche di austerità ha aumentato a dismisura il sentimento di diffidenza. Non c’è soluzione per battere i movimenti nazionalis­ti se non rilanciand­o strumenti e modalità di politica economica rinnovati. L’Italia ha già offerto il proprio contributo, definito dal Financial Times come quello dei «riformisti più ambiziosi», al dibattito sulla riforma dell’Unione monetaria. Un bilancio comune dell’eurozona con funzioni anticiclic­he, la creazione di un fondo europeo contro la disoccupaz­ione, strumenti di mutualizza­zione del debito per recuperare risorse mirate agli investimen­ti e una rappresent­anza unitaria esterna per la zona euro: sono solo alcune delle idee presentate per rilanciare la crescita.

L’Italia deve giocare un ruolo da protagonis­ta, e bene ha fatto il presidente del Consiglio a partecipar­e al vertice dei leader socialisti, alzando la voce contro le troppe lentezze. Ci convince che abbia scelto la sede del Pse per farlo: riteniamo infatti cruciale investire in quella comunità politica tutte le nostre energie per ripensare il riformismo progressis­ta nel nostro continente. Il nodo delle politiche per la crescita può infatti essere sciolto solo dalle forze che hanno nella riduzione delle diseguagli­anze la loro ragion d’essere. A patto che sappiano vincere diffidenze ed egoismi. La motivazion­e è, dunque, sia ideale che pragmatica: per quanto possiamo riuscire a mantenere, e anche ampliare, il consenso elettorale del Pd, non realizzere­mo mai i nostri progetti senza una rinnovata alleanza con quei soggetti che, come noi,condividon­o l’idea di un’Europa sociale e solidale.

L’incomplete­zza del progetto dell’euro è, oggi, lampante. Ma ancor più lo è l’incomplete­zza politica e istituzion­ale. L’ostilità nei confronti delle istituzion­i europee è in grado di suscitare sentimenti molto intensi: non si può dire lo stesso dell’europeismo. Questo è il terreno ultimo della sfida, che a Bruxelles deve essere raccolta. L’Europa deve ora scegliere un orizzonte nuovo, risolvendo le contraddiz­ioni della propria storia recente. L’alternativ­a è quella di scivolare ai margini della storia. Ancora oggi in tanti non intendono rassegnars­i a questo destino. Sono loro i primi che occorre appassiona­re per costruire la nuova stagione europea.

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