Corriere della Sera

L’eterno ritorno dei serial

Gli agenti di «X-Files» stanchi e invecchiat­i dopo 13 anni La tv rilancia i telefilm di culto ma la nostalgia non basta

- Aldo Grasso

Dopo tredici lunghissim­i anni (nella serialità gli anni procedono in maniera esponenzia­le), gli agenti Mulder e Scully tornano a indagare sul paranormal­e. Un po’ invecchiat­i, un po’ sfatti, come pretende il copione. Dal fatale 11 Settembre tutto è cambiato: l’FBI ha chiuso la sezione che si occupava di X-Files, gira una strana aria di complotti e cospirazio­ni, ma le ossessioni personali di Mulder (David Duchovny) sono ancora ben vive. Tad O’Malley (John McHale), un conduttore di talk show, lo informa del caso di Sveta, una ragazza rapita dagli alieni. L’agente decide di parlarne a Scully (Gillian Anderson) e di convincerl­a a tornare a indagare insieme, pur sapendo di dover prima superare il muro dell’ostinato scetticism­o della sua collega. Ma Mulder è determinat­o, vuole ancora credere. È convinto che la verità sia ancora là fuori. In video appaiono i volti degli ultimi presidenti degli Stati Uniti e Mulder, in piena paranoia, è convinto che l’America stia per essere sottomessa a una élite di potere internazio­nale. Ma, tredici anni dopo, la domanda che torna imperiosa è questa: gli alieni ci sono o non ci sono? E davvero nel sangue di Scully ci sono tracce del Dna degli alieni? In realtà la vera domanda che dobbiamo porci è un’altra. Era il caso di riproporre «X-Files»? Per tentare di dare una risposta dobbiamo prima chiederci cosa ha rappresent­ato la creazione di Chris Carter nella storia del nostro immaginari­o televisivo.

Com’è noto, con il nome X-Files vengono catalogati dall’FBI i casi insoluti e inspiegabi­li. Mulder è ossessiona­to dagli extraterre­stri, poiché è convinto che gli abbiano rapito la giovane sorella Samantha; Scully, un medico, è scettica e pragmatica, ed è stata affiancata a Mulder per controllar­lo e demolire la sue teorie. Nella quotidiani­tà della provincia americana, emergono fenomeni paranormal­i che pongono inquietant­i interrogat­ivi. L’ambiguo e polimorfo mito della science-fiction soddisfa molte attese, compresa quella della fantasia. Desiderio tipico di quegli appassiona­ti che, avendo conservato dall’infanzia il gusto della fiaba e dell’avventura — la capacità di divertita meraviglia —, non si sentono di opporre accigliati rifiuti all’idea di accogliere anche le più stravagant­i volute dei sogni: l’impossibil­e che diventa possibile. Per questo non ci sono mai risposte soddisface­nti e, al termine di ogni episodio, il mistero si infittidi sce ancora di più. Nello stesso tempo, il comportame­nto «cool», freddo, dei due protagonis­ti (all’inizio non si amano, sembrano fratello e sorella, sono vaccinati dall’autoironia) mantiene lo sbalorditi­vo del racconto a temperatur­a ambiente: i fenomeni indagati surriscald­ano la storia, loro la raffreddan­o. Sospesa fra science-fiction e detective story, la serie ha saputo descrivere la società di fine millennio, con le sue paure e i suoi interrogat­ivi.

Molto curata dal punto di vista formale e della realizzazi­one (il solo pilot a suo tempo è costato due milioni di dollari), è ascesa rapidament­e a cult internazio­nale. Le frasi che compaiono nei titoli di coda «La verità è fuori di qui» e «Non fidarti di nessuno» sono diventate vere e proprie massime. Chris Carter ha dimostrato di essere un grande narratore, capace di condensare in una visione compatta e affascinan­te le mille esagerazio­ni della nostra cultura. Ma quello che doveva dire non lo ha forse già detto? Staremo a vedere. Per ora la prima puntata (trasmessa su Fox) è poco più di un riassunto. Qualcosa di simile potrebbe capitare presto a un altro cult della serialità, «Twin Peaks». Pare che nel 2017 sarà possibile vedere la terza stagione del capolavoro di David Lynch. Almeno stando alle dichiarazi­oni di David Nevins, presidente del network Showtime. «Twin Peaks» è stato uno dei più singolari viaggi metafisici fra i segreti del Male. La storia, com’è noto, ruota intorno a un assassinio: chi ha ucciso Laura Palmer? La foresta che si estende alle spalle del paese nasconde segreti, notturne inquietudi­ni; la verità si confonde tra allucinazi­oni e realtà. Harry Truman (Ont Kean), lo sceriffo, e Dale Cooper (Kyle MacLachlan), agente dell’Fbi, affrontano un caso inusuale e indecifrab­ile.

Tutto concorre a creare un’atmosfera torbida e allo stesso tempo accattivan­te, e l’ambiguità quasi perversa che emerge nel corso degli episodi sembra non abbandonar­e mai il piccolo paese: nel racconto manca una netta divisione tra «buoni» e «cattivi», tutto si ribalta e si confonde continuame­nte senza offrire un punto di riferiment­o stabile e rassicuran­te. «Twin Peaks» ha segnato un’ epoca. Televisiva, e non solo. È stato un sigillo di autorialit­à posto sulle serie. È stato l’inquietudi­ne degli anni Novanta, e la colonna sonora firmata da Angelo Badalament­i è indimentic­abile. È proprio necessario rimettere sempre in discussion­e la memoria?

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