Tra Renzi e Merkel vinca la concretezza
Sarebbe importante concordare che gli obblighi giuridici di contenimento di deficit e debito pubblico sono ben più stringenti delle disposizioni volte a ridurre gli squilibri macroeconomici fra gli Stati
Èinusuale che uno Stato, l’Italia, abbia contemporaneamente così tante discussioni in Europa e su argomenti così differenti.
In Europa, il governo italiano è impegnato in complesse discussioni. È inusuale che uno Stato debba averne contemporaneamente così tante e su argomenti così differenti e di forte impatto sull’economia, sull’attività delle aziende e sulla vita quotidiana dei cittadini. Le divergenze persistono da tempo, causando inedite tensioni, in particolare con la Germania e con la Commissione europea.
Malgrado i segnali volti a smussare i dissapori, restano molti interrogativi, appesantiti dal quadro — pieno di dubbi — tracciato dalla Commissione nella sua Relazione sulla sostenibilità di bilancio appena pubblicata. Inoltre, quanto anticipato un anno fa su queste pagine, è oramai diventato un’opzione: un’Unione Europea a più livelli, con una diversa integrazione fra i Paesi, nella quale la collocazione dell’Italia non è affatto certa. Dunque, al di là dei sussulti di orgoglio nazionale, è urgente chiarire la posizione del governo, specie sulle vertenze pendenti. Anche per questi motivi, è molto importante l’incontro di oggi fra il presidente del Consiglio Renzi e la cancelliera Angela Merkel. Riflettiamo, allora, su alcuni punti concreti che sarebbe bene fossero evocati, accanto a quello di più ampia portata relativo alle rispettive visioni sull’avvenire dell’Ue.
Uno, ineludibile, riguarda il sistema Schengen di libera circolazione delle persone: è in crisi, ma Italia e Germania hanno interesse a preservarlo, seppure per motivi differenti. L’Italia, al fine di evitare che chi arriva da noi sia costretto a rimanere, a causa della progressiva chiusura delle frontiere dei Paesi confinanti. La Germania, per coerenza con la scelta politica di accogliere profughi; però, vuole efficaci controlli d’identità al momento degli arrivi in Europa e al riguardo, su quelli italiani, grava una procedura d’infrazione alle regole Ue. Se si rassicurano a vicenda, i due governi sono naturali alleati e a tutela di un’Europa solidale, potrebbero aiutare la Commissione a rivedere il nodale regolamento di Dublino (come già detto da JeanClaude Juncker lo scorso maggio); convincere i partner su un’equa distribuzione dei migranti; proporre una polizia paneuropea per le frontiere esterne dell’Unione. Un ulteriore punto chiave concerne le guerre in aree a noi vicine: di nuovo, c’è un ovvio interesse comune. L’evoluzione in Libia prelude a un difficile impegno diretto italiano; mentre, sullo sfondo, si staglia l’incompiuta della difesa europea: speriamo che Merkel e Renzi individuino vie reali e comprensibili per garantire al meglio la nostra sicurezza.
Più laboriosa può essere la convergenza su altri temi; molto dipende da cosa sarà sul tavolo. Benché sia indubbia l’influenza tedesca sulle vicende Ue, non sarebbe appropriato affrontare questioni di competenza esclusiva della Commissione, del suo potere/dovere di far rispettare le normative. Invece, è normale parlare di regole (pur consci che solo la Commissione può iniziare un iter legislativo Ue) e ancor di più, di scelte politiche. Al riguardo, suggerirei due spunti: entrambi legati agli investimenti pubblici nell’Eurozona e a propiziare un confronto su certe posizioni tedesche, senza cambiare i parametri che impongono precisi paletti ai conti degli Stati.
Il primo attiene alle politiche nazionali di bilancio e mira a un più razionale amalgama, attraverso l’introduzione di un obbligo speculare per i governi. Da un lato, i Paesi con un alto livello di deficit annuale e/o di debito complessivo: tenuti a scelte suscettibili di risultare restrittive. Dall’altro, quelli che non hanno simili sofferenze: tenuti a varare politiche espansive che stimolino la domanda. Quest’ultimi garantirebbero un effetto traino compensativo, a sicuro vantaggio del sistema comune. Oggi le norme sono asimmetriche: gli obblighi giuridici di contenimento di deficit e debito pubblico (che vincolano l’Italia) sono ben più stringenti delle disposizioni volte a ridurre gli squilibri macroeconomici fra gli Stati e in particolare, quell’eccesso di surplus commerciale che la Commissione rimprovera alla Germania. Simili difformità accentuano dissensi e incomprensioni; se i governi italiano e tedesco trovassero un’intesa, è probabile che gli altri li seguirebbero.
Il secondo argomento si riferisce al bilancio Ue. Gli investimenti pubblici più favorevoli alla crescita e all’occupazione sono quelli di genuina dimensione europea; ma sono possibili solo in piccola quantità per la minima capienza del bilancio Ue (1% del Prodotto interno lordo Ue, rispetto all’oltre 24% del bilancio federale Usa.
Un’opzione è dotare l’Eurozona di una propria forte capacità di spesa, nell’attesa di una riforma radicale del bilancio Ue. Bisognerebbe innovare le entrate, per non ritrovarsi nell’usuale circolo vizioso dei versamenti degli Stati, approfondendo l’idea (apprezzata in Italia) di titoli di debito europeo collegati agli investimenti e l’idea (con fautori in Germania) di destinare all’Eurozona un gettito tributario. La maggiore spesa europea andrebbe collegata alla riduzione di quella dei singoli Paesi: con un sollievo per i conti nazionali e una correlata diminuzione del contenzioso per gli aiuti statali. Sarebbe stimolante uno scambio di vedute al vertice, su questa piccola rivoluzione copernicana.
Schengen Una proposta comune potrebbe essere una polizia paneuropea per le frontiere esterne Ue
Bilancio Un’opzione consiste nel ragionare insieme su una forte capacità di spesa dell’eurozona